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«Attacco diretto alle nostre imprese»


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Una misura durissima, che colpisce il cuore della manifattura trevigiana. L’annuncio del Dipartimento del Commercio Usa dell’applicazione dei dazi statunitensi sull’acciaio, stabiliti al 50%, agli elettrodomestici realizzati con questo materiale rappresenta un colpo pesante per centinaia di imprese della subfornitura metalmeccanica e della filiera della componentistica della Marca; in particolare per quelle che operano a stretto contatto con la produzione di elettrodomestici.

Una realtà produttiva radicata e vitale per il territorio: in provincia di Treviso il settore metalmeccanico conta circa 4.600 unità locali e oltre 51.000 addetti, pari al 15% della forza lavoro complessiva. Di queste, 1.800 sono imprese artigiane metalmeccaniche, che impiegano 8.100 lavoratori. Una parte di queste lavora nella subfornitura per gli elettrodomestici: piccole aziende, spesso a conduzione familiare, con una media di cinque addetti, ma dotate di un’elevata specializzazione e capacità di innovazione. Negli ultimi anni, queste imprese hanno affrontato con tenacia le sfide della globalizzazione, della transizione digitale e dei nuovi modelli produttivi imposti dalle filiere internazionali. Molte si sono riposizionate su lavorazioni ad alto valore aggiunto, investendo in competenze avanzate. Ma ora la nuova stretta che arriva da oltreoceano rischia di far saltare equilibri fragili, in un contesto già segnato dal caro energia e dalla pressione fiscale. Gli elettrodomestici rappresentano una delle voci più rilevanti dell’export trevigiano verso gli Stati Uniti. Nel 2024 le esportazioni hanno sfiorato gli 80 milioni di euro, pur segnando un calo del 15,4% rispetto all’anno precedente. Un risultato frutto anche del lavoro silenzioso ma decisivo di numerosi laboratori artigiani che producono componenti per grandi marchi del settore.

L’appello

La Cna mandamentale di Treviso mette in guardia: questa nuova ondata di dazi potrebbe vanificare anni di sforzi e sacrifici, mettendo a rischio occupazione, commesse e investimenti. Le ricadute economiche e sociali per il territorio sarebbero pesantissime. Da qui il doppio appello dell’associazione: alle istituzioni – (parlamentari europei, senatori e deputati del territorio) perché agiscano con determinazione sul piano politico a difesa delle imprese locali e della correttezza del commercio internazionale. Al mondo della formazione e dell’impresa, affinché si acceleri sull’innovazione delle competenze tecniche, gestionali e organizzative, indispensabili per affrontare un contesto globale sempre più instabile. «Senza un intervento rapido e coordinato, si rischia di disperdere un patrimonio produttivo che è molto più di un asset economico: è un presidio di identità, lavoro e saper fare. Un contributo essenziale, spesso invisibile, all’export e alla reputazione del made in Italy nel mondo» dicono da Cna Treviso.

I commenti

«Stiamo parlando di imprese che rappresentano l’ossatura dell’economia manifatturiera trevigiana – dichiara il presidente di Cna Treviso, Stefano Camarotto – e che oggi si trovano esposte a una doppia penalizzazione: da una parte il peso crescente dei costi di produzione e della burocrazia, dall’altra la chiusura aggressiva di mercati fondamentali per il nostro export. È inaccettabile che la qualità e la serietà del lavoro trevigiano vengano penalizzate da logiche protezionistiche che nulla hanno a che vedere con la libera concorrenza».

«Dietro ogni contratto perso c’è un laboratorio che viene messo in difficoltà, un apprendista che non viene assunto, una competenza che rischia di andare persa – conclude Fabrizio Geromel, direttore di Cna Treviso -. È il momento di mettere in campo una strategia seria per tutelare le nostre micro e piccole imprese: servono investimenti su formazione, digitalizzazione e internazionalizzazione, ma serve anche una risposta politica chiara. L’Europa non può continuare a temporeggiare».

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