A poco più di un anno dalla scadenza fissata per la piena attuazione del Recovery Fund, la Commissione europea lancia un nuovo allarme: gli esborsi hanno raggiunto i 316,9 miliardi di euro, pari al 49% del totale previsto e con un impatto “visibile” e “tangibile” in tutta l’Unione, ma oltre 330 miliardi restano ancora da erogare. A rallentare il flusso è una combinazione di ritardi negli obiettivi, revisioni dei piani nazionali e domande di pagamento rinviate. “Con 442 giorni rimasti fino alla fine di agosto 2026, il tempo di agire e portare risultati è adesso”, ha avvertito il vicepresidente esecutivo della Commissione Raffaele Fitto, intervenendo in audizione davanti alla commissione Econ del Parlamento europeo. “Un’ulteriore accelerazione è necessaria”, ha detto colui che fino allo scorso dicembre ha gestito il piano in Italia, il Paese che ha ricevuto più fondi.
“Guardando al futuro, oltre 4.300 traguardi e obiettivi devono ancora essere sottoposti alla valutazione degli Stati membri e oltre 330 miliardi di euro devono ancora essere erogati”, ha spiegato Fitto evidenziando una frenata nelle erogazioni vista con il 2025. Il “significativo rallentamento nei pagamenti nel primo semestre del 2025”, con solo 10,8 miliardi erogati a dieci Paesi, è stato sottolineato anche dal commissario europeo all’Economia, Valdis Dombrovskis. Le cause sono legate a “discussioni prolungate con gli Stati su obiettivi specifici, che bloccano gli esborsi finché non vengono raggiunti tutti i risultati”. “Inoltre, le frequenti richieste di revisione dei Pnrr stanno ritardando ulteriormente le domande di pagamento”.
“La Commissione continuerà a esortare gli Stati membri a intensificare gli sforzi per l’attuazione”, ha aggiunto Fitto, e ha presentato opzioni per semplificare i piani garantendo il rispetto dei criteri fissati dal regolamento del dispositivo per la ripresa e la resilienza. Sul tavolo, è stato ribadito, restano le ipotesi di trasferire alcuni investimenti dal Recovery ai fondi della politica di coesione, visto l’orizzonte temporale più lungo, e la Commissione ha già chiesto ai governi di individuare i progetti che non potranno essere completati entro la scadenza del 2026 per valutarne la copertura tramite il Fondo europeo di sviluppo regionale o la Coesione, purché non ci sia doppio finanziamento.
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