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Perché la Bce vuole introdurre l’euro digitale senza abolire le banconote


Riprendendo l’ironia di Ariosto, anche le criptoattività possono far uscire di senno, soprattutto quelle che non hanno un emittente e sono offerte a risparmiatori non esperti. Non si corre invece questo rischio avvicinandosi all’euro digitale. Nell’ottobre del 2020 la Banca centrale europea ha presentato il suo primo rapporto sull’euro digitale. Il rapporto veniva pubblicato pochi mesi dopo la proposta di Facebook/ Meta di lanciare Libra, una stablecoin, un progetto successivamente svanito, anche per l’opposizione di governi e banche centrali. 

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All’inizio del 2021 la Bce ha svolto una consultazione del pubblico sulle caratteristiche che l’euro digitale avrebbe dovuto avere, con la partecipazione di ottomila cittadini: la privacy è stato considerato il tema più importante. Nell’ottobre di quello stesso anno la Bce ha lanciato una fase investigativa sulla possibilità di creare un euro digitale, della durata di due anni, che non vincolava una decisione futura. Come abbiamo ricordato all’inizio del capitolo, nell’ottobre del 2023 il consiglio direttivo della Bce ha deciso di passare alla fase di preparazione del progetto, iniziata a novembre del 2023.

L’euro digitale sarà una moneta pubblica, come le banconote, emessa dalla banca centrale. Sarà la forma digitale delle banconote. Non sostituirebbe il contante. I cittadini avranno sempre la possibilità di scegliere: potranno pagare utilizzando le banconote o l’euro digitale e, naturalmente, gli strumenti di pagamento privati. 

Nel 2023 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento che introduce la natura di moneta legale sia delle banconote sia dell’euro digitale: entrambi gli strumenti dovranno essere obbligatoriamente accettati dai negozianti, salvo situazioni particolari. In Italia l’euro di carta era già moneta legale ma la prescrizione non esisteva in tutti i paesi europei. Ci sono quattro motivazioni principali per l’introduzione dell’euro digitale. 

In primo luogo, la Bce vuole contribuire alla trasformazione digitale delle nostre società, in particolare alla digitalizzazione dei pagamenti, in un contesto di diminuzione dell’uso del contante. Il secondo aspetto è il mantenimento della sovranità monetaria. Come abbiamo detto, in Europa potrebbero diffondersi monete digitali emesse da privati – stablecoin – o da altri Stati; la Cina è probabilmente il paese più avanti nelle sperimentazioni. L’euro digitale consentirà a persone e imprese di continuare ad avere accesso alla forma più sicura di moneta, la moneta della banca centrale.

Possiamo sempre trasformare cento euro che abbiamo sul conto corrente in 100 euro di banconote. Se un giorno le banconote non saranno più usate – come fanno già oggi i giovani – servirà una moneta digitale pubblica. Nel sistema monetario è necessaria un’àncora, come oggi. Non c’è una garanzia di poter sempre trasformare cento euro di depositi in una stablecoin privata che sia effettivamente stabile. Se l’Eurosistema sottolinea la motivazione della sovranità monetaria, la Commissione enfatizza un terzo obiettivo: perseguire l’autonomia strategica dell’Unione europea e favorire l’innovazione tecnologica.

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Oggi i due terzi dei pagamenti elettronici fatti in Europa sono gestiti da imprese con sede legale fuori della Ue, in particolare residenti negli Stati Uniti: si tratta dei circuiti Visa e Mastercard. Diversamente da Amazon, Google, Facebook, Apple – le Bigtech attive nel lancio di nuovi strumenti di pagamento elettronici –, le banche centrali non hanno un interesse per l’acquisizione di dati sui pagamenti degli utenti. L’obiettivo delle banche centrali dell’area dell’euro è costruire una via europea pubblica per i pagamenti digitali. L’ipotesi del consolidarsi di grandi intermediari privati nei pagamenti digitali non è astratta. 

Nel 2023 PayPal ha lanciato la sua stablecoin denominata in dollari. Per ora lo strumento sarà offerto solo a clienti statunitensi che hanno conti con PayPal; non sarà accessibile a cittadini europei. Presto altre stablecoin saranno lanciate in Europa. In quarto luogo, l’euro digitale potrà contribuire a favorire l’inclusione finanziaria. Esistono persone in Europa che non hanno accesso ai conti correnti o che non vogliono sopportare i costi del sistema dei pagamenti, come, ad esempio, quello di un deposito bancario.

La proposta di regolamento prevede la possibilità che enti pubblici – autorità locali o gli uffici postali in alcuni paesi – possano distribuire l’euro digitale a persone che non vogliono aprire un conto in euro digitale presso le banche o gli altri intermediari che offrono servizi di pagamento. La proposta di regolamento prevede che la versione base dell’euro digitale sia senza costi per i cittadini, come lo sono oggi le banconote: i costi saranno sostenuti dalle banche centrali, dalle banche e dagli altri intermediari che offrono servizi di pagamento. L’euro digitale dovrebbe essere disponibile come un’applicazione su smartphone; potrebbe anche essere caricato su una carta di pagamento. 

L’euro digitale potrebbe consentire di migliorare i pagamenti internazionali, in particolare per i migranti: nel mondo i flussi di rimesse degli emigranti superano i settecento miliardi di dollari all’anno e sono gravati da commissioni non trascurabili. L’euro digitale sarà anche utile per fronteggiare eventi estremi come una pandemia, durante la quale l’accesso ai pagamenti/introiti digitali è cruciale. Al tempo stesso la Commissione europea ha riconosciuto che le banconote saranno mantenute in vita per un obiettivo di inclusione sociale di particolari gruppi di persone come, ad esempio, gli anziani.

La proposta di regolamento della Commissione europea assicura un livello elevato di privacy dell’euro digitale: nella modalità offline – vale a dire quando non è possibile connettersi a Internet – sarà disponibile con una privacy comparabile a quella assicurata dall’utilizzo delle banconote. Per le operazioni online l’euro digitale avrà lo stesso regime di privacy oggi in vigore per gli strumenti di pagamento privati: la piena anonimità è esclusa per rispettare le norme europee antiriciclaggio. Il progetto dell’euro digitale si basa sulla collaborazione tra bce, Commissione europea, Parlamento europeo, Stati membri e altre autorità. Ma vi sono anche stretti contatti con banche, altri intermediari, operatori non finanziari, associazioni di categoria. 

Le banche centrali forniranno la materia prima – come oggi per le banconote – ma l’euro digitale sarà distribuito da banche e altri intermediari. La proposta di regolamento – come tutti i documenti precedenti sull’euro digitale – si fa cura della stabilità del sistema finanziario. Con l’introduzione dell’euro digitale le banche potrebbero subire una contrazione dei depositi, con ripercussioni negative su quantità e costo del credito. C’è il rischio di un digital run. Per evitarlo, si pensa a una soglia di quantità limitata per ogni conto in euro digitale. La proposta di regolamento assegna la responsabilità di introdurre il limite alla Bce.

Per assicurare il rispetto di tale limite è previsto un meccanismo di carico e scarico di euro digitali, da parte degli intermediari, su un conto collegato in moneta bancaria. In sintesi, l’euro digitale sarà soprattutto uno strumento di pagamento, non una riserva di valore. Non è la prima volta nella storia della moneta che si assiste a una dissociazione tra le tre funzioni della moneta: la lira di Carlo Magno fu unità di conto, ma non fu mai coniata e quindi non fu mai usata come mezzo di scambio o come riserva di valore (Luigi Einaudi parlò di una moneta immaginaria). E anche i buoi erano unità di conto nel mondo omerico, ma non erano usati di frequente come mezzo di scambio. 

Abbiamo detto che nella versione base l’euro digitale sarà senza costi. Gli intermediari potrebbero chiedere commissioni per servizi aggiuntivi. Relativamente alle commissioni che pagheranno negozianti e intermediari si stanno studiando dei meccanismi per assicurare che tali costi non siano superiori a quelli di strumenti di pagamento digitali simili. Ci sono tre modalità d’uso dell’euro digitale che saranno approfondite nei prossimi anni. In primo luogo, i pagamenti tra individui, che oggi avvengono soprattutto con bonifici da conto a conto.

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In secondo luogo, i pagamenti nei negozi, fisici o online, per cui utilizziamo in prevalenza carte di pagamento. In terzo luogo, i pagamenti pubblici, come gli stipendi o i sussidi che la pubblica amministrazione paga ai cittadini e alle imprese; e, viceversa, i pagamenti fatti dai cittadini alle amministrazioni pubbliche, come le tasse. L’euro digitale potrà essere usato per i tre tipi di pagamento e dunque impatterà sulle modalità oggi esistenti. Anche se le previsioni sono difficili, le conseguenze più rilevanti potrebbero aversi sulle carte di pagamento, in particolare per quelle con i costi più elevati.

 

 

 

 

 

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Tratto da “Risparmio e ricchezza Come cambia la finanza delle famiglie”, di Riccardo De Bonis, Luigi Infante e Enrico Saltari, Carocci editore, 160 pagine, 17,00 euro

 

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