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La transizione energetica è a rischio, la corsa all’elettrificazione del trasporto globale si sta trasformando in un paradosso produttivo ed energetico.
Mentre infatti l’industria automobilistica accelera verso l’addio ai motori endotermici, uno studio pubblicato sulla rivista Cell Reports Sustainability, curato da un team internazionale guidato dalla East China Normal University e dall’Università di Lund, lancia un allarme chiaro: la produzione globale di litio non sarà sufficiente a soddisfare la domanda attesa di veicoli elettrici almeno fino al 2029.
Per l’industria europea – e per il tessuto delle PMI coinvolte nella filiera dell’auto, delle batterie e della transizione energetica – questa previsione rappresenta molto più di una questione tecnica: è una sfida sistemica, strategica e geopolitica che impone una riflessione critica sulle politiche industriali in atto e sulle scelte tecnologiche per la decarbonizzazione.
Perché la transizione energetica è a rischio a causa del litio
Secondo lo studio, la Cina potrebbe necessitare da sola di circa 1,3 milioni di tonnellate di carbonato di litio entro il 2030. L’Europa e gli Stati Uniti seguiranno a ruota, con fabbisogni di 792 e 692 mila tonnellate, rispettivamente. Tuttavia, le capacità produttive locali non saranno all’altezza: l’Europa, ad esempio, potrebbe arrivare a produrre solo 325 mila tonnellate, meno della metà della domanda stimata.
Nonostante le riserve mondiali siano ampie, il problema è la concentrazione geografica e geopolitica delle attività minerarie e raffinate. Oggi i principali esportatori sono pochi: Australia, Cile e Argentina controllano oltre il 75% dell’output globale. E ogni tonnellata importata in più da una regione significa una tonnellata in meno disponibile per un’altra.
Le conseguenze per l’Italia e le PMI
Per le piccole e medie imprese italiane – spesso terziste, ma sempre più protagoniste nel mondo dei componenti, dei sistemi di accumulo e della circular economy – il messaggio è duplice. Da un lato, la transizione elettrica rimane una straordinaria opportunità di crescita e innovazione. Dall’altro, la scarsità di materie prime critiche come il litio espone le imprese a rischi di approvvigionamento, volatilità dei prezzi e incertezza progettuale.
Le strategie industriali non possono più basarsi sull’ipotesi di una disponibilità illimitata delle risorse. È il momento di ripensare la filiera in chiave resiliente e circolare. In Italia, progetti come quelli sul recupero fino al 90% del litio da batterie esauste, sviluppati da centri di ricerca e startup, indicano una direzione promettente. Ma restano ancora marginali nel panorama produttivo.
Agire è importante, soprattutto perché le carenze di litio non si ripercuoteranno solo sull’industria automotive ma rischiano di dar vita a un vero e proprio effetto domino. La dipendenza dal litio interessa infatti anche i settori dell’energia (accumulo stazionario), dell’elettronica di consumo, dell’avionica e della robotica. La concorrenza tra comparti potrebbe diventare feroce, portando le imprese più piccole a essere tagliate fuori dalla competizione globale per i materiali.
Lo studio evidenzia infine un altro aspetto spesso trascurato: se il litio è scarso, va utilizzato in modo più efficiente. In assenza di una strategia comune, rischiamo di trasformare la dipendenza da petrolio in una nuova dipendenza da litio, aggravata da tensioni geopolitiche, speculazione e vincoli logistici. Un errore già visto nel passato con le terre rare, che oggi non possiamo permetterci di ripetere.
In questo contesto, le PMI italiane possono giocare un ruolo chiave nella fornitura di componentistica, software di gestione, retrofit di mezzi pubblici, ma servono visione e sostegno pubblico per moltiplicare queste iniziative su scala.
Quali le possibili soluzioni
La questione del litio riporta al centro la necessità di una politica industriale europea integrata, capace di agire contemporaneamente su tre assi, ovvero:
- sicurezza delle forniture e diversificazione dei fornitori internazionali, stipulando accordi strategici di lungo periodo con Paesi extraeuropei e investendo in nuove miniere sul territorio UE, anche a costo di affrontare opposizioni locali e sfide ambientali;
- promuovere lo sviluppo di batterie alternative al litio – come quelle al sodio, allo zolfo o a stato solido – che riducano la dipendenza da materiali critici;
- potenziare il settore del riciclo delle batterie, incentivando la seconda vita delle celle esauste e creare ecosistemi industriali locali che riducano la pressione sulla domanda primaria.
Per fare questo, serve una governance forte, coerente e proattiva, che coinvolga istituzioni, industria e sistema della ricerca. Le PMI, in particolare, hanno bisogno di strumenti finanziari, formativi e normativi adeguati per sostenere la trasformazione.
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