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Il Centro traino per il Pil. E il Lazio è la Regione con la crescita maggiore. La spinta data dal Pnrr


La rivincita dell’Italia di Mezzo. Bollato nel 2023 come un grande malato del Paese con uno striminzito +0,4 per cento, il Centro ha registrato nel 2024 un forte balzo del Pil (+1,2 per cento). E traina insieme al Mezzogiorno (+1) il prodotto interno lordo nazionale (+0,7). Entrando più nello specifico, il Lazio è risultata la regione con la maggiore crescita (+1,8 per cento), mentre l’Umbria segna un +1,2, la Toscana un+0,4 e le Marche sono in stagnazione. Nell’ultimo triennio queste quattro realtà hanno visto aumentare la loro ricchezza di quasi 10 punti percentuali.

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A dare queste grandezze è la Svimez. Che non solo sottolinea la performance migliore rispetto ad aree più industrializzate come Nord Ovest (+0,9 per cento) e NordEst (-0,2), dove solo la Lombardia vede reggere l’export. Secondo l’associazione presieduta dall’economista Adriano Giannola, il Centro regge nell’attuale e complessa congiuntura grazie a un’economia sempre più votata all’export (+4 per cento), alla spinta dati agli investimenti dal Pnrr – quasi un quinto dei 194,4 miliardi totali – senza dimenticare il turismo.

LA RESILIENZA

Un sistema quindi resiliente che potrebbe reggere alle grandi incertezze legate in questa fase a dazi o alla guerra. Spiega Stefano Prezioso, vicedirettore Svimez: «Per quanto riguarda il futuro, il 2025 dovrebbe essere un anno di tenuta. Intanto perché, visto il cronoprogramma, le spese del Pnrr saranno più cospicue. E se passerà la richiesta di una proroga di 18 mesi del Recovery, questo trend continuerà anche in seguito».

Guardando ai singoli settori, nel Lazio – la migliore regione in Italiaper crescita – l’agricoltura aumenta del 7 per cento, l’industria del 5,2, le costruzioni dello 0,6 e i servizi dello 0,9. Nota Stefano Prezioso: «Tranne alcune eccezioni quali l’automotive, come dimostrano i problemi che si registrano a Cassino, tutti i settori registrano aumenti di valore. Attività come la farmaceutica e la meccanica garantiscono un forte apporto sul fronte dell’export. Mentre l’aumento delle spese per la difesa può solamente aiutare il distretto locale». Per aggiungere: «Il Lazio ha visto crescere costantemente il turismo, tendenza che si manterrà anche nel 2025 con il Giubileo. Qui, poi, il Pnrr ha portato benefici anche all’occupazione con l’aumento di personale nel pubblico, per esempio nella giustizia». Risale a sorpresa l’Umbria, che con l’agricoltura (+6,1 per cento) e i servizi (+2,5) compensa i cali nelle costruzioni (-4,5) e nell’industria (-3,6). Secondo Prezioso, questo territorio è «poco toccato dalla congiuntura internazionale: non è favorita quando crescono a livello mondiale le esportazioni, non è penalizzato quando i commerci vanno in direzione opposta. Sono forti le spinte garantite sia dal turismo sia dagli investimenti attraverso il Pnrr».

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La Toscana vede un arretramento dell’industria (-0,9 per cento) e un balzo nelle costruzioni (+6,2). Mentre sono stabili agricoltura (+0,2) e servizi (+0,1). «La Regione – spiega l’economista – sconta un forte problema di export. Nonostante sia forte la presenza di multinazionali, nel 2024 hanno sofferto comparti dove la Toscana è all’avanguardia come farmaceutica, meccanica e abbigliamento, soprattutto nel lusso». Corrono meno le Marche: in calo industria (+0,2 per cento), agricoltura (-0,5), costruzioni (-0,8) e servizi (-0,1). Spiega il vicedirettore dello Svimez: «Quest’area risente della crisi ormai strutturale del vecchio modello dei distretti, che rispetto al passato – pensiamo soltanto all’industria del bianco – non riesce più essere competitivo a livello internazionale. Così, anche attività con forte tradizione come il calzaturiero oggi sono portate avanti da piccole e medie imprese».

Sul versante degli investimenti pubblici, e sulla spinta del Pnrr, nel Centro Italia i Comuni hanno impegnato oltre 21,6 miliardi (+64,3 per cento rispetto al 2023), mentre nell’area l’occupazione è salita, con il suo +1,9 per cento, di quattro decimali in più rispetto alla media nazionale. Però è di quasi tre punti inferiore rispetto al 2019 il potere salariale.

LE PROPOSTE

Più in generale, e guardando all’Italia, la Svimez nota che nel 2024, con la sua crescita dello 0,7 per cento, registra una performance inferiore dello 0,3 rispetto al resto dell’Europa a 27. Non accadeva dal 2021. Anche lo scorso anno il Mezzogiorno ha corso più veloce di NordOvest e NordEst: l’industria è stabile (+0,1 contro lo 0,2 nazionale), c’è la spinta delle costruzioni (+3), stabili servizi e agricoltura (+0,5). Il Pil è salito soprattutto in Sicilia (+1,5 per cento) e in Campania (+1,3).Da non dimenticare gli effetti del Pnrr. La Svimez ha stimato che «ha offerto un contributo alla crescita del Pil nel 2024 pari allo 0,6 punti percentuali nel Mezzogiorno e a 0,4 punti nel Centro-Nord». Secondo Giannola, per rafforzare questi trend, nel Sud «bisogna investire sulla logistica, sfruttando le opportunità delle aree doganali intercluse, e favorire le Autostrade del Mare, implementare la transizione energetica grazie a rinnovabili e geotermia, scommettere sulla rigenerazione urbana».

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