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sequestrati 50 milioni all’imprenditore Emanuele Catania, i suoi beni anche a Licata


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Un sequestro di beni da 50 milioni tra l’Italia e il Marocco che riguarda anche la provincia di Agrigento. Si tratta, secondo quanto viene reso noto, del più ingente in Italia del 2025. La guardia di finanza di Caltanissetta, coordinata dalla Dda della procura nissena, lo ha effettuato nei confronti di un imprenditore gelese, Emanuele Catania che opera nel campo ittico.

L’imprenditore, già condannato in via definitiva per associazione mafiosa, sarebbe stato referente della famiglia Rinzivillo di Gela per varie attività criminali tra cui il riciclaggio di denaro espandendo l’attività economica illegale anche all’estero con il controllo di alcune società con sede in Marocco. L’imprenditore possiede diversi beni, tra cui alcune barche, anche a Licata dove è scattato il sequestro.

Il sequestro trae origine da approfonditi accertamenti patrimoniali che hanno riguardato 45 soggetti tra persone fisiche e giuridiche, ricostruendo un imponente reticolo societario e familiare, nonché una sperequazione evidente tra redditi dichiarati e incremento patrimoniale osservato nel periodo compreso tra il 1985 e il 2022. Inizialmente è stato assolto in primo grado dal tribunale di Gela che ha restituito i beni sottoposti a sequestro penale. La procura di Caltanissetta ha poi impugnato l’assoluzione dinnanzi alla Corte di appello che lo ha riconosciuto colpevole del delitto di associazione di stampo mafioso, pronuncia confermata dalla Corte di Cassazione con sentenza del 15 febbraio del 2024.

Si sarebbe accertato che Catania è stato soggetto di riferimento per l’organizzazione mafiosa, ed in particolare per il reggente Salvatore Rinzivillo, avendogli offerto supporto per favorire l’infiltrazione nel tessuto economico legale di attività con le quali riciclare proventi illeciti ed operando anche in condizioni di favore grazie alla “persuasione” mafiosa in grado di alterare le regole della concorrenza di mercato.

Per favorire l’infiltrazione mafiosa nell’economia legale, Rinzivillo avrebbe chiesto proprio a Catania la disponibilità a dare corso al commercio nel settore ittico nell’ambito del più ampio progetto sviluppato, insieme ad altri imprenditori gelesi operanti nel medesimo mercato, di estensione del commercio dal Marocco, paese dove Catania acquisiva il controllo drlls società “Gastronomia napoletana” di diritto marocchino, di cui assumeva il ruolo sia di socio che di amministratore unico.

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Dato particolarmente significativo è il fatto che le indagini avrebbero acclarato come sia l’ingerenza nei settori economici uno degli aspetti che più ha attirato gli appetiti dell’organizzazione mafiosa: in particolare proprio il settore nel quale ha operato Emanuele Catania, ovvero il settore ittico siciliano, il quale è risultato essere gestito, in massima parte, solo dai mafiosi che imponevano le loro forniture di pesce monopolizzando di fatto il mercato.

Le dichiarazioni convergenti di numerosi collaboratori di giustizia hanno descritto, sin dagli anni ’80, rapporti fondati su reciproci obblighi e vantaggi illeciti tra Emanuele Catania e la consorteria mafiosa gelese. Le dichiarazioni dei collaboratori hanno delineato il profilo di Emanuele Catania come uomo di fiducia di Antonio Rinzivillo, il quale avrebbe investito i proventi dell’attività illecita di traffico di stupefacenti nelle attività economiche dei fratelli Catania. Questi ultimi godevano di “protezione” grazie ai rapporti privilegiati e di natura economica con il clan Rinzivillo.

La Corte di appello ha ritenuto accertata la piena disponibilità di Emanuele Catania sull’intera struttura associativa dei Rinzivillo già dagli anni Novanta e ha evidenziato come il rapporto privilegiato di amicizia tra lo stesso Catania e i Rinzivillo abbia costituito il presupposto per la creazione e il rafforzamento di un legame di natura molto più profonda. Emanuele Catania è stato condannato dalla Corte d’appello di Caltanissetta, con sentenza del 16 marzo 2022, successivamente confermata dalla Corte di Cassazione il 10 luglio 2023, alla 6 anni e 8 mesi di reclusione in quanto ritenuto partecipe dell’associazione mafiosa capeggiata dai fratelli Rinzivillo, dai quali avrebbe ricevuto protezione e indebite agevolazioni nell’esercizio della propria attività economica.

Molti dei beni e delle società sottoposte a sequestro sono formalmente riconducibili al fratello Antonino, inteso Nino, soggetto non condannato per associazione mafiosa che è stato coinvolto nell’attuale operazione quale “terzo interessato” in virtù della menzionata formale intestazione di cespiti. La guardia di finanza di Caltanissetta, nel corso delle complesse attività investigative, ha ricostruito l’intero patrimonio dei proposti evidenziando come la capacità reddituale ufficiale dei nuclei familiari fosse del tutto incongrua rispetto ai capitali investiti, specie nel periodo tra il 1998 e il 2007. Gli investimenti rilevati, non supportati da fonti lecite, sono risultati essere verosimilmente frutto di disponibilità finanziarie di origine ignota, successivamente reimpiegate.

In tale contesto, fondamentale è risultato il contributo operativo del reparto operativo aeronavale della guardia di finanza di Palermo che ha permesso il sequestro dei natanti (pescherecci e una barca da diporto) riconducibili alle società dei fratelli Catania. La misura, che precede la richiesta di confisca definitiva, mira a cautelare il patrimonio accumulato illecitamente e sottrarre risorse economiche alle consorterie mafiose continuando il contrasto strutturale alla contaminazione dell’economia legale da parte della criminalità organizzata.

(Aggiornato alle 12:05)

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