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Nuovi controlli del Fisco, fatture nel mirino dell’Agenzia delle Entrate: chi rischia


Da aprile 2025 l’Agenzia delle Entrate ha dato avvio a una nuova fase nei controlli fiscali, puntando con particolare attenzione alle fatture d’acquisto emesse dai contribuenti di medie e minori dimensioni.

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Non si tratta soltanto di un irrigidimento burocratico, ma di un vero e proprio cambio di approccio: nel mirino non sono solo gli importi o i soggetti coinvolti, ma anche e soprattutto la descrizione del bene o del servizio acquistato. Un dettaglio che fino a ieri poteva sembrare secondario, ma che oggi rischia di diventare decisivo per far scattare accertamenti, contestazioni e rettifiche fiscali.

I nuovi controlli annunciati dall’Agenzia delle Entrate

Secondo quanto previsto dalle nuove direttive dell’Agenzia delle Entrate, entrate in vigore dal 1° aprile 2025, con i nuovi controlli le fatture elettroniche saranno analizzate in modo più puntuale e automatico, anche grazie all’uso dell’intelligenza artificiale e dei software di data analysis già attivi presso Sogei, la società informatica del Mef.

Al centro dell’attenzione, la coerenza tra l’attività svolta dal contribuente e la natura dell’acquisto indicato in fattura. Se il bene o servizio acquistato risulta non inerente all’attività economica esercitata, anche solo sulla base di una prima analisi testuale della descrizione, può partire un alert che porta a ulteriori verifiche.

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Un esempio: se una piccola impresa artigiana acquista articoli di lusso o beni di consumo personale (come abbonamenti a palestre, profumi costosi o viaggi non aziendali), e tali acquisti vengono registrati come costi deducibili senza una giustificazione chiara e coerente con l’attività svolta, l’Agenzia potrebbe considerarli non deducibili e procedere con il recupero a tassazione. Ma la portata del controllo va oltre il singolo episodio: può generare l’apertura di un fascicolo fiscale, con richieste di chiarimento, documentazione integrativa o addirittura accessi e ispezioni.

Chi rischia

Questa nuova linea di controllo colpisce in particolare le micro e piccole imprese, i professionisti e i lavoratori autonomi, che spesso non dispongono di strutture contabili complesse o del supporto costante di consulenti fiscali specializzati. La soglia di attenzione dell’Agenzia delle Entrate è più bassa rispetto al passato, e si rivolge a una platea ampia, proprio perché molte delle irregolarità, anche involontarie, si annidano nei soggetti meno strutturati, che magari gestiscono la contabilità in autonomia o con software semplificati.

Per questi contribuenti, è fondamentale adottare un nuovo approccio alla fatturazione, prestando attenzione non solo alla correttezza formale, ma anche alla qualità descrittiva delle fatture. Frasi generiche come “consulenza”, “servizi vari” o “spese promozionali” non bastano più, soprattutto se non accompagnate da una spiegazione concreta che ne dimostri l’attinenza all’attività.

Il principio di inerenza come criterio di valutazione

La base giuridica del nuovo orientamento dei controlli si fonda sul principio di inerenza, previsto dall’articolo 109 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), secondo cui un costo è deducibile solo se strettamente legato all’attività d’impresa o di lavoro autonomo. È un principio che negli ultimi anni è stato interpretato in modo sempre più restrittivo dalla giurisprudenza tributaria e che oggi viene applicato con strumenti automatici già in fase di controllo preliminare, grazie alla digitalizzazione dell’intero ciclo della fatturazione elettronica.

In sostanza, l’Amministrazione Finanziaria punta a rendere oggettivo ciò che è stato a lungo valutato soggettivamente: se una voce di spesa non appare congruente con il codice Ateco dell’attività o con le tipologie usuali di beni e servizi acquisiti in quel settore, scatta l’anomalia.

Le conseguenze concrete per chi sbaglia

Chi rientra in questa nuova rete di controlli può andare incontro a diverse conseguenze, tra le quali:

  • indetraibilità dell’IVA sulle fatture ritenute non inerenti e indeducibilità del costo ai fini delle imposte sui redditi;
  • sanzioni amministrative, che possono variare dal 90% al 180% dell’imposta evasa;
  • accertamenti più approfonditi (es. redditometro, controlli bancari, accertamento induttivo) in casi gravi o sistematici.

Cosa devono fare imprese e professionisti per tutelarsi

Va inoltre sottolineato che la responsabilità fiscale non ricade solo sul fornitore che emette la fattura, ma soprattutto sul soggetto che la registra e la porta in deduzione o detrazione. Il contribuente è quindi tenuto a verificare e documentare l’inerenza di ogni acquisto, anche quando la spesa appare “innocua” o di basso importo.

Di fronte a questo scenario, le imprese e i professionisti devono rivedere le proprie prassi operative, evitando approssimazione e superficialità. Per esempio, è consigliato descrivere in modo puntuale e dettagliato le fatture (ogni documento fiscale deve chiarire cosa è stato acquistato, per quale uso e in quale contesto), ma anche conservare la documentazione integrativa (contratti, preventivi, report, e-mail che giustifichino l’acquisto) e verificare la coerenza tra attività e spesa, anche con il supporto del consulente fiscale, valutando se l’acquisto può essere considerato oggettivamente inerente all’attività.

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Per questi motivi, inoltre, è meglio evitare l’uso promiscuo di beni e servizi: e separare chiaramente le spese aziendali da quelle personali.

Da non sottovalutare, poi, l’aggiornamento del codice Ateco in caso di ampliamenti dell’attività, che devono essere registrati ufficialmente per evitare discrepanze tra ciò che si fa realmente e ciò che risulta al Fisco.





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