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Il salvataggio di Coin costa 240 milioni, chi paga per il futuro di 1.300 lavoratori


Stralciare buona parte dei 240 milioni di debiti per salvare gli oltre 1.300 dipendenti di Coin. È il sacrificio chiesto a banche e fornitori per permettere il risanamento dei conti della catena veneta di grandi magazzini, che una cordata di imprese e investitori pubblici e privati è pronta a rilanciare con uno stanziamento totale di 50 milioni di euro.

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Nella ricapitalizzazione dello storico marchio, creato nel 1916 da Vittorio Coin, entrerà con 10 milioni di euro anche lo Stato, tramite il fondo Salvaguardia Imprese di Invitalia, ma il rischio ricorsi da parte dei creditori potrebbe rimandare il via libera atteso dal tribunale sul piano di rilancio.

Il salvataggio di Coin

Come riportato da Repubblica, l’omologa del tribunale di Venezia sugli accordi per il risanamento di Coin sono attesi per fine maggio, ma i tempi potrebbero essere allungati se i fornitori non dovessero accettare la rinuncia all’88% dei crediti nei confronti della catena.

Lo stralcio al 12% riguarderebbe i 240 milioni di euro debiti nei confronti di banche e imprese, 60 milioni dovuti alle prime, circa 190 milioni alle seconde.

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Ma se gli istituti di credito hanno già avviato le ristrutturazioni dei debiti, meno scontata sarebbe il sì della procedura da parte dei fornitori, chiamati, come riferisce MilanoFinanza, a cancellare ben 166 milioni di ordini già effettuati.

La partecipazione dello Stato

Nel salvataggio di Coin entrerà con un investimento di 10 milioni di euro anche Invitalia, su precisa volontà del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che ha dichiarato di sostenere “con convinzione il rilancio di questo storico gruppo commerciale e continueremo a monitorare con attenzione affinché il percorso di risanamento si concluda con la piena tutela dei 1.390 lavoratori coinvolti”.

Nel corso del tavolo tecnico del 22 aprile dedicato alla crisi di Coin, il Mimit ha comunicato, come assicurato dall’ad Matteo Cosmi, che sarebbero già stati conclusi 330 accordi con i creditori, per un ammontare pari a circa il 60% dei debiti della catena di grandi magazzini.

La cordata di investitori pubblici e privati

Attraverso il Fondo Salvaguardia Imprese lo Stato entrerebbe nel capitale con una quota del 30,1%, ma senza controllo sulla società.

L’intervento ha fatto seguito agli investimenti da 23,2 milioni di euro di Saggitta Sgr, veicolo che fa capo a Europa Investimenti con una partecipazione di circa 10 milioni, e Mia Srl, con un’iniezione di altrettante risorse.

Quest’ultima è la holding di Marco Marchi, controllante del marchio Liu Jo, già nel gruppo Coin con una quota del 15% attraverso la controllata Excelite e candidato a diventare il principale azionista.

Nell’operazione rientrerebbero con altri 2 milioni la Jorall di Jonathan Kafri e la Hi Dec di Enzo de Gasperi, oltre alla Generalfinance, boutique della finanza quotata a Piazza Affari con una capitalizzazione di 200 milioni, che havrebbe a messo a disposizione 15 milioni di euro.

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