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Oggi è l’Overshoot day per l’Italia, il tempo dell’inazione è finito. L’Abbate: «Serve una rivoluzione culturale»


L’Overshoot day è uno dei più eloquenti indicatori della crisi ecologica contemporanea: segna il giorno in cui la domanda di risorse da parte dell’umanità supera ciò che la biosfera è in grado di rigenerare in un anno. Da questo momento, entriamo in un “deficit ecologico”, attingendo a capitale naturale non rinnovabile e accumulando debito ecologico. Oggi, per l’Italia questo giorno simbolico ricorre ancora troppo presto, confermando la traiettoria insostenibile dell’attuale modello socioeconomico.

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Secondo il recente studio pubblicato su Sustainability (Carlsen, 2024), la data dell’Overshoot day è calcolata dividendo la biocapacità disponibile per l’impronta ecologica dell’umanità e moltiplicando il risultato per 365. I dati forniti dal Global footprint network evidenziano che le regioni del mondo presentano notevoli differenze in termini di sostenibilità. Il Sud America, grazie alla sua elevata biocapacità, guida la classifica, mentre Nord America e Medio Oriente si collocano in fondo alla lista. In particolare, la riduzione dell’impronta di carbonio risulta imprescindibile: per i Paesi ad alto reddito, essa dovrebbe essere dimezzata per evitare il collasso degli equilibri biofisici.

Come avverte la letteratura critica (Malm & Carton, 2024), affidarsi a future soluzioni tecnologiche – come la geoingegneria o la rimozione della CO₂ dall’atmosfera, le così dette Ccs, tecnologie di cattura e stoccaggio di CO2 – non solo è rischioso, ma anche pericolosamente seducente: queste promesse potrebbero incentivare l’inazione presente. La vera urgenza è invece la decarbonizzazione immediata, sostenuta da una trasformazione collettiva dei comportamenti e delle infrastrutture. Infatti, secondo il World resources institute, le scelte individuali, pur necessarie, contribuiscono solo a un modesto 10% nella riduzione delle emissioni globali.

Le implicazioni etiche sono centrali. L’autore Carlsen, attraverso il “modello filosofico” ispirato da Bent Rieneck, richiama l’attenzione sulla necessità di allineare azioni e valori. In un contesto in cui le diseguaglianze globali sono marcate, domandarsi se sia moralmente accettabile che alcune regioni del mondo consumino cinque volte più risorse di altre è imprescindibile. La sostenibilità non può prescindere dalla giustizia. Serve una cittadinanza attiva, consapevole e politicamente coinvolta, capace di orientare le scelte istituzionali.

L’Overshoot day è dunque molto più di una data: è un potente indicatore di uno squilibrio sistemico. Riconoscerne le cause e agire collettivamente per invertirne la tendenza è il compito più urgente del nostro tempo. Nessuna tecnologia potrà sostituire la responsabilità etica e politica delle nostre azioni presenti.

Tuttavia, è proprio su questo fronte che emergono gravi criticità nel contesto italiano. Nonostante l’urgenza evidenziata da comunità scientifica e organismi internazionali, il governo italiano continua a trattare la transizione ecologica più come una cornice retorica, ideologica, che come un orientamento strategico di politica economica. Le politiche pubbliche non stanno affrontando con la necessaria determinazione l’impronta ecologica che continua ad aumentare nel tempo.

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Sul piano energetico, l’Italia resta fortemente dipendente da fonti fossili e da infrastrutture legate al gas naturale, come dimostrano le recenti scelte di investimento in rigassificatori e trivellazioni, in evidente contraddizione con gli obiettivi di decarbonizzazione. Inoltre, gli investimenti in mobilità sostenibile e rinnovabili sono frammentari, spesso subordinati a logiche emergenziali o compromessi politici.

L’economia circolare non è supportata, pochi sono i decreti end of waste, poca è l’attenzione al riuso e al riciclo di materia.

Questa mancanza di visione strategica rivela l’assenza di una reale volontà di trasformazione sistemica.  La sostenibilità non può essere demandata ai comportamenti individuali: richiede politiche strutturali, redistributive e trasformative. L’Italia rischia così non solo di mancare gli obiettivi dell’Agenda 2030, ma anche di perpetuare un modello economico che consuma il futuro delle prossime generazioni.

In questo quadro, l’Overshoot day che ricorre oggi non è solo un campanello d’allarme globale, ma anche uno specchio delle inadempienze locali. Un Paese che non investe nella sua resilienza ecologica compromette la sua sovranità energetica, la giustizia sociale e la salute dei suoi cittadini. Il tempo per l’inazione è finito: serve una rivoluzione politica e culturale che rimetta al centro la sostenibilità come principio guida dell’economia.

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