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Atto di recupero crediti alla prova dell’accertamento con adesione


La Riforma fiscale ha ridisegnato i confini dell’attività dell’Amministrazione finanziaria, volta al recupero dei crediti d’imposta scorrettamente utilizzati in compensazione, in quanto viziati di inesistenza, ovvero di non spettanza.

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La varietà e la mole dei crediti d’imposta in circolazione nel nostro sistema, invero, ha imposto al Legislatore tributario a metter mano a un completo e opportuno riassetto della materia, che si è finalmente articolato su tre direttrici distinte: in primo luogo, rivedendo a monte le definizioni di crediti non spettanti e inesistenti, originariamente delineate dall’articolo 13, commi 4 e 5, D.Lgs. 471/1997, profilandole in maniera più puntuale e fissandole, come unitariamente valide sia per il contesto tributario che per quello penale, nelle norme penal-tributarie, di cui all’articolo 1, comma 1, lettere g-quater) e g-quinquies), D.Lgs. 74/2000; in secondo luogo, ridisegnando ex novo l’identikit dell’atto di recupero crediti, per mezzo dell’abrogazione della sua frastagliata disciplina precedente (resa all’articolo 1, commi 421, 422 e 423, L. 311/2004), e con il varo di una regolamentazione unitaria e coerente, giusta l’introduzione del nuovo articolo 38-bis, nel corpo del D.P.R. 600/1973; in terzo luogo e, infine, sostituendo il previo regime “binario” delle sanzioni, ai sensi della precedente versione dell’articolo 13, commi 4 e 5, D.Lgs. 471/1997 (dovute o nella misura fissa del 30%, in caso di utilizzo di crediti non spettanti, o nella misura variabile dal 100 al 200%, in caso di utilizzo di crediti inesistenti), con un quadro sanzionatorio non solo complessivamente meno oneroso, ma anche decisamente più articolato e così più proporzionato alle varie fattispecie di illecito, come ridefinite in sede di novella.

In questo modo, la Riforma fiscale riconduce, ora, alle violazioni poste in essere post 1° settembre 2024, consistenti nell’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera g-quater), n. 1, D.Lgs. 74/2000 – ossia dei crediti per i quali mancano (in tutto o in parte) i requisiti oggettivi o soggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento – l’irrogazione della sanzione del 70% (come previsto dall’odierno articolo 13, comma 5, D.Lgs. 471/1997); mentre, nel caso più grave in cui si tratti di crediti “inesistenti in frode”, per i quali l’assenza dei predetti requisiti è oggetto di rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni o artifici (casistica di cui al n. 2 della citata lettera g-quater), la sanzione è prevista in misura variabile, con possibilità di aumento della sanzione base del 70% dalla metà al doppio (come previsto dall’articolo 13, comma 5-bis, D.Lgs. 471/1997).

Nel caso, invece, dello scorretto utilizzo in compensazione di crediti non spettanti, secondo la definizione “tripartita” dell’articolo 1, comma 1, lettera g-quinquies), D.Lgs. 74/2000 – dicendosi tali i crediti fruiti in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti ovvero, per la relativa eccedenza, quelli fruiti in misura superiore a quella stabilita dalle norme di riferimento; i crediti che, pur in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento, sono fondati su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito;  e, infine, i crediti utilizzati in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi espressamente previsti a pena di decadenza – la sanzione dovuta per le violazioni compiute post 1° settembre 2024 sarà del 25%, ai sensi del comma 4-bis dell’articolo 13, D.Lgs. 471/1997 (per completezza è da ricordare che, accanto alle predette fattispecie, si prevede ora pure la sanzione fissa di euro 250 per le neo-introdotte ipotesi di vizio “formale”, di cui all’articolo 13, comma 4-ter, D.Lgs. 471/1997).

In questo quadro come finalmente riassunto, giova ora interrogarsi sulle modalità con cui il contribuente, a fronte della notifica nei suoi confronti del motivato atto di recupero crediti, di cui al sopra menzionato articolo 38-bis, D.P.R. 600/1973, possa opporsi alla pretesa erariale, facendo valere le sue ragioni contrarie al recupero d’imposta innanzitutto in via precontenziosa. In tema, il Legislatore della Riforma, pur opportunamente traducendo in diritto positivo la regola giurisprudenziale della pacifica impugnabilità autonoma dell’atto di recupero (lo dispone ora, puntualmente, il comma 1, lettera f), del predetto articolo 38-bis), nondimeno ha ritenuto necessario escludere tale tipologia di atti da quelli la cui notifica dev’essere preceduta dal contraddittorio preventivo obbligatorio, di cui all’articolo 6-bis, L. 212/2000. L’esclusione degli atti di recupero crediti dall’obbligo per gli uffici di notificare preliminarmente ai contribuenti il relativo schema d’atto e di concedere loro il termine di 60 giorni per presentare deduzioni difensive o accedere ai fascicoli, a pena di annullabilità del provvedimento, pare doversi assumere operante a trecentosessanta gradi, per quanto sia stata sancita in maniera per vero poco lineare, da parte di previsioni distinte: rispettivamente, per gli atti di recupero aventi ad oggetto crediti inesistenti, dalla norma primaria d’interpretazione autentica dell’articolo 7-bis, comma 1, D.L. 39/2024; mentre, per gli atti di recupero dei crediti non spettanti, dalla norma secondaria di cui all’articolo 2, comma 1, Decreto Mef 24 aprile 2024, che dispone l’esclusione dal contraddittorio preventivo degli atti “automatizzati e sostanzialmente automatizzati” tra cui, alla lettera b), figurano gli atti di recupero ex articolo 38-bis, D.P.R. 600/1973, predisposti esclusivamente sulla base dell’incrocio di dati.

È peraltro da segnalare che, come “contraltare” rispetto a quanto sopra, la Riforma ha innovativamente ricondotto l’atto di recupero crediti nell’ambito di applicazione dell’accertamento con adesione, ai sensi del nuovo articolo 6, comma 2, D.Lgs. 218/1997 (come novellato dal D.Lgs. 13/2024). Questo consente al contribuente di giovarsi della sospensione del termine per presentare ricorso di ben 90 giorni, ai sensi del comma 3 del citato articolo 6; e di potersi così attivare per documentare all’ufficio, per esempio, la ricorrenza dei requisiti oggettivi o soggettivi del credito contestato come inesistente, con i seguenti vantaggi: in primo luogo, fruendo di termini più ampi rispetto a quelli dati per esperire il contraddittorio ex articolo 6-bis, L. 212/2000; e in secondo luogo, senza dover temere che l’ufficio possa rinforzare le sue pretese impositive a mezzo di motivazione “rafforzata” avverso le tesi difensive esposte, come può avvenire laddove il contribuente, in sede di contraddittorio preventivo, opti per la presentazione nei 60 giorni delle deduzioni allo schema d’atto.

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