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Dal «luxury shame» al «quiet luxury»: quando lo shopping si fa di nascosto


di
Anna Zinola

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Gli effetti: dal declino della «logomania» alle sessioni riservate di shopping. Il trend del «quiet luxury» e il successo dei brand che privilegiano la sobrietà

Tecnicamente è definito «luxury shame». In pratica, si tratta del fenomeno per cui, durante i periodi di recessione, le persone benestanti tendono a non esibire i prodotti di lusso (abiti, scarpe, borse, ma anche auto e gioielli) per evitare critiche. Insomma, se la gran parte della società non se la passa bene è meglio non ostentare la propria ricchezza.  

La relazione tra crisi economiche e luxury shame

Di fatto, nel corso degli ultimi anni, il luxury shame è comparso ciclicamente in concomitanza con l’aggravarsi della situazione economica. E’ accaduto negli Stati Uniti nel 2008, dopo l’esplosione della bolla finanziaria legata ai mutui ad alto rischio. 
Sta accadendo da qualche tempo in Cina, dove una serie di elementi (come l’aumento della disoccupazione giovanile e la crisi del settore immobiliare) ha creato una situazione di complessiva incertezza economica.




















































Gli effetti: dal calo delle vendite…

Come si traduce, in pratica, il luxury shame? Quali sono le ripercussioni concrete sulla moda? Il primo, più evidente, effetto è sull’andamento delle vendite. La clientela di fascia alta non smette di comperare ma compera un po’ meno. Non a caso, in base alle stime di Altagamma, nel 2025 il comparto dei beni personali in Cina dovrebbe segnare solo +3%. Una crescita minima per un paese che, per anni, ha registrato incrementi a doppia cifra.

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…al trionfo del quiet luxury

Un altro effetto riguarda l’estetica dei prodotti. Il luxury shame implica il declino della logomania e l’affermazione di uno stile più sobrio, discreto, definito «quiet luxury». Ecco, allora, che gli abiti o le borse facilmente riconoscibili per il logo, il monogramma o l’utilizzo di una certa stampa vengono sostituiti da capi e accessori semplici e in apparenza anonimi, senza alcun marchio in evidenza
Attenzione però: questi stessi pezzi sono ben riconoscibili – grazie ai dettagli della manifattura o alla qualità dei materiali – da chi appartiene alla stessa cerchia. Questo fenomeno – definito «if you kow you know», se lo sai, capisci – spiega il grande successo ottenuto negli ultimi tempi dai brand, come Hermès, Loro Piana o The Row, che hanno saputo coniugare semplicità e raffinatezza.

Anche lo shopping è riservato

Infine, ma non meno importante, vi è il tema del retail. In un contesto che disapprova – se non colpevolizza – l’ostentazione, è meglio non mostrarsi mentre si fa shopping nelle vie del lusso, carichi di sacchetti con il marchio delle griffe. 
Per questo molte aziende offrono ai V.I.C. (Very Important Client) sessioni private di shopping, che si tengono in aree esclusive del negozio, anche al di fuori degli orari di apertura. I prodotti acquistati vengono, poi, consegnati a domicilio, garantendo così la massima riservatezza.


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