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Terre rare, le clausole segrete imposte da Trump a Zelensky: gli americani che si arricchiranno non saranno tassati


di
Federico Fubini

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Kiev, la rivolta del Parlamento contro le intese segrete secondo cui il fisco non potrà imporre alcun prelievo su qualunque statunitense che dovesse far soldi con il litio, la grafite, il cobalto, l’uranio, il titanio, le terre rare, il gas naturale, il petrolio o l’oro dell’Ucraina

Mentre gli occhi del mondo erano concentrati sul loggiato di San Pietro e sulla piazza rossa di Mosca, da Kiev nelle ultime ore è partito un segnale che neanche Volodymyr Zelensky si aspettava. Non è una rivolta aperta nei confronti del presidente ucraino o di Donald Trump, dopo la firma dell’accordo sui minerali nel Paese a Washington di pochi giorni fa. È piuttosto una messa in guardia da parte del parlamento di Kiev, la Verkhovna Rada: le clausole (per ora) segrete di quell’accordo concluso alla Casa Bianca sette giorni fa rischiano di rimettere tutto in discussione, se dovessero imporre una torsione coloniale ai rapporti tra gli Stati Uniti e l’Ucraina.

La torsione coloniale

Sette giorni fa, si era arrivati firma delle intese fra il segretario al Tesoro Scott Bessent e la vicepremier di Kiev Yulia Svyrydenko fra tensioni fino all’ultimo momento. La delegazione americana pretendeva che gli ucraini accettassero simultaneamente tre accordi diversi: il memorandum per una holding societaria comune sugli investimenti e l’estrazione di minerali nel Paese, un dettagliato regolamento sulla gestione del nuovo fondo «di partenariato» e un terzo documento il cui contenuto non è mai stato reso noto. Secondo varie ricostruzioni, le due parti sono uscite dall’impasse solo grazie ad alcune intese segrete nello stile della prima metà del secolo scorso. Il memorandum generale sui minerali e gli investimenti è stato firmato e pubblicato da Bessent e Svyrydenko per la ratifica della Verkhovna Rada. Ma i due hanno concluso anche gli altri due accordi senza renderne noti i contenuti e senza neanche ammetterne l’esistenza.




















































Le tensioni prima della ratifica

Di qui le tensioni prima della ratifica nel parlamento di Kiev, dove nel giro di pochi giorni sono arrivate da Washington indiscrezioni piuttosto precise su quanto era successo. La Verkhovna Rada ha approvato il memorandum Kiev-Washington quasi all’unanimità l’8 maggio, ma neppure Zelensky e il suo partito di maggioranza hanno potuto evitare una precisa messa in guardia. Si legge nella risoluzione di ratifica: «Qualunque ulteriore intesa, necessaria all’applicazione dell’accordo fra il governo dell’Ucraina e quello degli Stati Uniti sulla creazione di un fondo comune di ricostruzione e investimento, non può andare oltre le disposizioni di questo accordo stesso e non può creare obblighi di diritto internazionale per l’Ucraina che non siano già indicati e concordati nei modi stabiliti».

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Condizioni che diventano nulle

In altri termini, le clausole segrete imposte dalla Casa Bianca a Zelensky diventano nulle e caduche, per il parlamento di Kiev, se peggiorano per l’Ucraina le condizioni del compromesso ufficiale. Negli Stati Uniti il Congresso viene sistematicamente saltato da Trump nella politica commerciale e su molto altro, senza alcun segno di ribellione. In Ucraina, non succede: neanche i deputati di Sluga (“Servitore del popolo”), il partito di Zelensky, hanno accettato in bianco le scelte del presidente.

Generare reddito

Non si tratta solo di una questione di forma, perché già nella parte emersa degli accordi alcuni passaggi allungano sull’Ucraina l’ombra di sfruttamento di natura essenzialmente coloniale. Non solo le aziende e i cittadini degli Stati Uniti potranno generare reddito nel Paese aggredito dalla Russia in maniera totalmente esentasse: Kiev non potrà imporre alcun prelievo su qualunque americano dovesse arricchirsi con il litio, la grafite, il cobalto, l’uranio, il titanio, le terre rare, il gas naturale, il petrolio o l’oro dell’Ucraina. Soprattutto, i rapporti di forza all’interno del fondo d’investimento Stati Uniti-Ucraina sembrano destinati a spostarsi a favore degli americani man mano che proseguiranno gli aiuti militari a Kiev. 

La società congiunta

La società congiunta nascerà con partecipazioni alla pari nel capitale, 50% a Kiev e 50% a entità statunitensi; tuttavia una clausola dell’accordo pubblico prevede che qualunque forma di assistenza militare di Washington al Paese in guerra – armi, munizioni, tecnologie o persino la formazione all’esercito o agli ingegneri locali – conterà a titolo di ulteriore versamento da parte di americana nel capitale del fondo comune. In sostanza con il passare del tempo la quota degli Stati Uniti salirà e questi ultimi si troveranno in maggioranza nella presa di decisioni, così come nella distribuzione dei dividendi. Peraltro il nuovo fondo comune non si limiterà solo ai giacimenti di minerali, ma avrà una prelazione su qualunque progetto d’investimento in Ucraina; in sostanza, sta nascendo una grande holding della ricostruzione gestita direttamente dalla Casa Bianca.

Le ragioni per firmare

Zelensky e il parlamento di Kiev comunque hanno almeno due buone ragioni di firmare e ratificare gli accordi, malgrado le clausole estorsive e le postille segrete. In primo luogo, gli ucraini consolidano l’interesse degli americani nella sicurezza del loro territorio, nella loro indipendenza dalla Russia e nel continuare a fornire aiuti militari. Inoltre il “fondo comune” sottrae i giacimenti dei minerali agli oligarchi ucraini della vecchia generazione postsovietica, come ad esempio Dmytro Firtash: soggetto a un mandato di cattura americano, latitante a Vienna da più di dieci anni, miliardario, Firtash controlla da sempre le licenze sul litio ucraino e ora rischia di perderle. A favore magari di nuovi oligarchi arrivati dagli Stati Uniti, inclusi amici e congiunti di Donald Trump.

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10 maggio 2025 ( modifica il 10 maggio 2025 | 09:21)

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