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Sovranità digitale, il Consorzio Italia Cloud si appella al governo


Servono immediatamente politiche nazionali più incisive nel settore del Cloud computing. A chiederlo in modo esplicito è il Consorzio Italia Cloud, che ha inviato una lettera aperta alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e, per conoscenza, ai ministri Adolfo Urso (Imprese e del Made in Italy), Paolo Zangrillo (Pubblica Amministrazione), Anna Maria Bernini (Università e della Ricerca) e al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alessio Butti.

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Secondo il presidente del Consorzio, Michele Zunino, firmatario dell’appello, l’Italia rischia infatti di perdere ulteriormente terreno a favore di multinazionali estere, con conseguenze dirette sulla sovranità e indipendenza tecnologica del Paese.

Il Cloud è un pilastro della transizione digitale

Nella lettera si sottolinea come il Cloud rappresenti ormai un elemento fondamentale della transizione digitale, insieme alla sovranità digitale e alla cybersecurity, come indicato anche dalla stessa premier Meloni nel suo discorso di insediamento. Zunino parla di “un settore nel quale, in assenza di nuove direttrici da parte del governo, l’Italia rischia di trovarsi in deficit di asset, di competenze e di iniziative d’impresa nazionali, tutti elementi che ostacolano la crescita del Paese in quel contesto di indipendenza e sovranità nazionale” più volte auspicato dalla presidente del Consiglio.

“Come è noto a tutti”, continua la lettera, “la maggior parte delle nostre attività quotidiane sono ormai gestite in rete, grazie al trattamento di enormi quantità di dati, dati che noi stessi produciamo e che dicono tutto di noi. Per gestire questa enorme mole di informazioni con efficienza, occorre il Cloud, ovvero di una delle tre aree su cui fondare la transizione digitale assieme alla sovranità digitale ed alla cyber-security”.

Il nuovo scenario internazionale richiede una visione strategica

Secondo Michele Zunino, il recente stop alla globalizzazione, assieme alle crescenti tensioni internazionali e all’allargamento di conflitti regionali in ogni parte del mondo, confermano che le tecnologie digitali e il controllo dei dati rappresentano le aree di maggior scontro, anche perché applicazioni cruciali come l’intelligenza artificiale, la robotica, i controlli da remoto, l’elaborazione e la valorizzazione dei flussi di dati avvengono per l’appunto in Cloud. “Chi controlla il Cloud riesce a controllare i mercati, le persone e le stesse istituzioni. Sul Cloud si riversano tutte o quasi le attività di rete e le azioni industriali e produttive delle filiere dell’innovazione. Se il controllo del Cloud è in mani estere, il Paese vede minati i propri interessi nazionali”.

Il Consorzio denuncia come oggi in Italia manchi una visione strategica in grado di sostenere l’ecosistema nazionale, lasciando così spazio a investimenti esteri che, pur imponenti, non generano ricadute positive reali in termini di occupazione, competenze e controllo territoriale.

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Il confronto tra Italia e competitor europei

Zunino richiama l’esempio di altre realtà dell’Unione che stanno puntando con decisione sull’indipendenza tecnologica nazionale. “La Ue nel suo complesso ed alcuni Paesi europei (Germania, Francia e Spagna su tutte) hanno recentemente messo al centro delle loro decisioni sul Cloud azioni fortemente orientate al rafforzamento delle prerogative di indipendenza e sovranità tecnologica nazionali. Oggi in Italia registriamo, purtroppo, inutili entusiasmi a proposito di ingenti investimenti da parte di multinazionali su data center che non porteranno al nostro Paese alcun potere territoriale di controllo (tutte le funzioni dei Cloud di società multinazionali sono gestite con sistemi che operano da remoto), né risorse reali (la loro messa in opera è frutto di transazioni estero su estero, con giro di denaro all’interno del loro stesso Paese), né occupazione (i data center, come è noto, non creano lavoro), né competenze (che risiedono tutte nei centri di controllo basati all’estero). Nel frattempo”, continua Zunino, “decine e decine di imprese italiane piccole e media che operano nel settore del Cloud (e con esse tutte le imprese nazionali della filiera, dai produttori di software ai system integrator) sono costrette ad operare in piena solitudine, senza una politica nazionale che valorizzi le risorse imprenditoriali e le competenze nazionali. Al contrario, tra i Paesi europei più importanti prevale una forte attenzione alla costruzione e tutela degli ecosistemi nazionali”.

Agire per preservare la capacità nazionale di innovazione

Il timore è che il persistere di questa situazione possa portare a un definitivo depauperamento della capacità nazionale di innovazione e rischia di consegnare, in molto meno di un decennio e con forme di controllo sempre più sofisticate, i destini del Paese nelle mani di poche multinazionali.

In questo contesto il Consorzio Italia Cloud si dice pronto a collaborare con il governo per definire un percorso che tuteli le imprese italiane, valorizzi le competenze locali e freni l’emorragia di giovani talenti che lasciano l’Italia alla ricerca di opportunità più gratificanti all’estero.

“Riteniamo che si possa ancora agire per una inversione di tendenza e il contesto internazionale attuale, fondato anche su una accentuazione del ruolo degli Stati nazionali in seno alla Ue, ci aiuta a definire e gestire scelte anche in controtendenza rispetto al recente passato. Ma non abbiamo molto tempo”, scrive Michele Zunino. “Come forze d’impresa nazionali non intendiamo, naturalmente, abbandonare il campo e riteniamo che le esigenze dell’interesse nazionale e l’evoluzione del mercato sollecitino la saggezza politica di scelte nuove e immediate. Per quanto ci riguarda”, chiosa il presidente del Consorzio Italia Cloud rivolgendosi direttamente alla Meloni, “siamo pronti a fare la nostra parte nelle direzioni che il suo governo intenderà tracciare per assicurare indipendenza politica e sovranità digitale nei processi di trasformazione digitale, anche con l’obiettivo di fermare la fuga di migliaia di giovani di talento che abbandonano ogni anno il nostro Paese a causa del restringimento delle opportunità di lavoro qualificato nel campo dell’innovazione e dei servizi a tecnologia avanzata”.



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