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Per un cloud sovrano europeo la svolta può arrivare dai bandi pubblici


Il cloud made in Italy inizia a farsi strada nei bandi Consip. Aruba, il principale cloud provider italiano, per la prima volta diventa fornitore qualificato nell’ambito del bando per la fornitura di servizi IaaS (internet as a service) e PaaS (platform as a service) alla pubblica amministrazione. Ed è una notizia importante. Perché a fare la parte del leone nel nostro paese come in tutta Europa sono le big tech americane, in particolare Google, Microsoft e Amazon, al punto che la “dipendenza” in alcuni Paesi ha superato il 90% e in ogni caso la media si attesta all’80%. E secondo le ultime rilevazioni di Eurostat il 75,3% delle imprese è addirittura “fortemente dipendente” dal cloud e ha acquistato servizi sofisticati (quelli in capo alle aziende americane) difficilmente sostituibili.

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Le questioni sollevate dai cloud provider italiani

Siamo orgogliosi di essere il primo fra i cloud provider italiani ed europei inseriti da Consip nel bando – commenta Francesco Fontana, Enterprise Marketing & Alliance Director di Aruba -. Una scelta che permette di coniugare avanguardia tecnologica, sicurezza e sovranità nazionale”.

E plaude il Consorzio cloud Italia: “È un ottimo segnale. Vediamo finalmente riassunte in un’unica prospettiva le istanze che portiamo acanti da sempre a cominciare dall’aderenza alle imprescindibili esigenze di sovranità e indipendenza del dato, assicurabili solo e soltanto da provider nazionali anche grazie all’efficienza sui costi agevolata dalla prossimità geografica”, sottolinea a Wired il presidente Michele Zunino. “È molto positivo che questo segno di attenzione verso gli operatori nazionali arrivi dal settore pubblico, ma è solo un punto di partenza. Serve un’ottica a prova di futuro: da qui in poi, è fondamentale che i criteri di assegnazione dei volumi rispecchino non solo la domanda attuale, ma possano indirizzare verso una strategia complessiva di sistema-paese, vera molla di innovazione e competitività”.

I cloud service provider individuati – espressione delle tecnologie più avanzate e diffuse nella PA – sono tutti strutturati per offrire i propri prodotti a livello nazionale, oltre ad essere qualificati ai sensi della normativa di settore: fra questi anche un operatore nazionale– spiega Consip in una nota -. Va evidenziato che, a quadro normativo vigente, non sono previste limitazioni di partecipazione alle gare in relazione alla nazionalità del cloud service provider, rilevando piuttosto la sua qualificazione ovvero la rispondenza ai requisiti organizzativi, di sicurezza e affidabilità, di performance e interoperabilità richiesti dall’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale”.

Le indicazioni di Mario Draghi per il cloud sovrano

A proposito di competitività è sul cloud che l’ex presidente del Consiglio Mario Draghi ha acceso i riflettori nei giorni scorsi nel suo intervento al simposio Cotec 2025, a Coimbra in Portogallo. Se è vero che colmare il divario con i colossi d’oltreoceano “non è realistico in tempi brevi” è più che necessario “creare un cloud strategico europeo che garantisca la sovranità dei dati in settori critici come la difesa e la sicurezza”. E sono in molti a pensare che per accelerare sulla roadmap è essenziale partire proprio dagli appalti pubblici. Sulla questione si sta spendendo in particolare il collettivo indipendente EuroStack, promotore dell’adozione di massa delle tecnologie made in Europe attraverso un network che punta a mandare in pensione GaiaX, progetto di cloud sovrano a cui partecipano però anche le aziende extra-Ue a partire dalle big tech americane e che per questo avrebbe mostrato nel corso degli anni tutta la sua debolezza.

La corsa di EuroStack: più di 200 sostenitori

In pochi mesi EuroStack ha incassato consensi senza precedenti: sono oltre 200 fra aziende, enti e associazioni ad aver deciso di “aderire” all’iniziativa e ci sono anche aziende italiane, fra cui Aruba, Cubbit, ExpertAI, Seeweb, Babylon Cloud oltre all’Italian tech alliance e Confimi industria digitale.

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