ROMA – Si fa marcia indietro su una delle disposizioni più controverse contenute nel recente decreto Infrastrutture: l’idea di assegnare a una task force centralizzata del ministero dell’Interno la supervisione antimafia sugli appalti per la costruzione del Ponte sullo Stretto è stata bloccata su input della Presidenza della Repubblica.
Secondo quanto trapelato da ambienti istituzionali, la scelta del Colle sarebbe stata motivata da una valutazione di coerenza con l’impianto normativo esistente. La normativa attuale, infatti, già prevede strumenti considerati adeguati per contrastare eventuali infiltrazioni mafiose nelle grandi opere strategiche, tra cui rientra anche il progetto del ponte tra Sicilia e Calabria.
La misura, introdotta a sorpresa nelle ultime ore prima della seduta del Consiglio dei ministri, avrebbe previsto una gestione “eccezionale” della vigilanza – simile a quella adottata in contesti di emergenza nazionale come catastrofi naturali o eventi straordinari. Tuttavia, come rilevato dagli uffici del Quirinale, tale approccio non garantirebbe standard più alti di quelli già stabiliti dalla legge ordinaria, e anzi, rischierebbe di consentire deroghe a principi fondamentali del Codice antimafia.
LA RISPOSTA DEL QUIRINALE
Arriva poi la comunicazione dell’ufficio stampa del Quirinale per cercare di ordinare le varie indiscrezioni uscite sui giornali in questi giorni in merito alla questione:
La norma sui controlli antimafia non era contenuta nel testo preventivamente inviato al Quirinale, ma è apparsa poche ore prima della riunione del Consiglio dei ministri.
La legislazione in vigore contempla norme antimafia rigorose per le opere come il ponte di Messina. La norma proposta prevedeva invece una procedura speciale – adottata finora soltanto in casi di emergenza, come i terremoti, o di eventi speciali, come le Olimpiadi – che non risulta affatto più severa delle norme ordinarie. Basti ricordare che la procedura speciale, che veniva proposta, autorizza anche a derogare ad alcune norme previste dal Codice antimafia, deroghe non consentite dalle regole ordinarie per le opere strategiche di interesse nazionale.
LA REAZIONE DEL VICEPREMIER
Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini non ha nascosto il proprio disappunto. Proprio pochi giorni fa aveva annunciato il coinvolgimento diretto della struttura del Viminale, sottolineando l’importanza di un monitoraggio straordinario. «Vogliamo il massimo della trasparenza e della legalità – ha dichiarato – per evitare che la criminalità organizzata si infiltri in un progetto che muoverà centinaia di milioni e coinvolgerà migliaia di lavoratori e aziende».
Salvini ha anche lasciato intendere che, in assenza del via libera del Quirinale, sarà il Parlamento a occuparsene: «Sarà la sede legislativa a valutare ogni possibile garanzia aggiuntiva». La Lega, infatti, starebbe preparando un emendamento da presentare in sede di conversione del decreto per reinserire le misure originariamente previste.
Nel frattempo, il progetto continua il suo percorso, con l’aggiornamento dei costi approvato e i lavori che, secondo i piani, dovrebbero iniziare già nei mesi estivi. Ma sul tema della legalità e della trasparenza negli appalti, il dibattito è destinato a restare acceso.
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