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Sono oltre 120 mila le aziende italiane all’estero, ma 17 mila potrebbero aprirsi ai mercati con maggiore supporto


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L’Italia mantiene un ruolo importante nel commercio internazionale attraverso le sue imprese esportatrici. In totale, 120.876 aziende italiane hanno già fatto il salto verso i mercati esteri, ma ce ne sono molte altre, circa 17mila, che possiedono le caratteristiche per entrare stabilmente in questo sistema. Queste realtà, pur avendo i requisiti per esportare, restano ferme o operano solo saltuariamente oltre confine. Se adeguatamente aiutate, potrebbero contribuire a far crescere ulteriormente il volume delle esportazioni italiane.

La forza dell’export italiano e il potenziale inespresso

Secondo il rapporto realizzato da Unioncamere con il Centro studi Tagliacarne, il numero di imprese italiane esportatrici ha un importante impatto sull’economia nazionale. Oggi, l’export di beni delle aziende italiane è salito di circa il 30% negli ultimi cinque anni, arrivando a un valore di 623,5 miliardi di euro. A questa cifra si aggiungono gli oltre 141 miliardi legati alla vendita di servizi. Numeri che testimoniano l’importanza del commercio internazionale per il pil del paese e mostrano come l’export rappresenti una leva concreta per la crescita economica.

La quota di aziende non ancora consolidate all’estero

Nonostante questi risultati, ci sono aziende che non riescono a trasformarsi in esportatori continui. Sono imprese che potrebbero accedere ai mercati esteri senza difficoltà, ma probabilmente mancano di supporto adeguato o non hanno messo a fuoco la strategia giusta. Includere questi 17mila potenziali esportatori potrebbe far variare il fatturato complessivo dell’export da un incremento del 2,6 fino al 3%. Questo aumento non è trascurabile e rappresenta un’occasione per rendere l’economia italiana più solida, puntando su realtà già pronte a fare il passo verso l’estero.

L’importanza del mercato unico europeo e le difficoltà interne

Più della metà dell’export italiano, il 54,5%, si realizza all’interno del mercato unico europeo. Sono quindi gli scambi con gli altri paesi dell’Unione a fare la parte del leone nelle esportazioni. Eppure, nonostante la formalizzazione dell’area di libero scambio, l’Europa presenta ancora molte barriere interne che frenano il commercio tra Stati membri.

Mario draghi e il dazio nascosto europeo

Mario Draghi, nel suo ruolo di ex presidente della Banca centrale europea e figura di riferimento economico, ha sottolineato che queste barriere rappresentano una specie di “dazio nascosto”. Per i beni, equivalgono a un costo aggiuntivo del 40% circa, mentre per i servizi arrivano a un’incidenza del 110%. Questi dati mostrano che, anche in Europa, i mercati non sono ancora del tutto accessibili e integrati come dovrebbero. Per questo, migliorare questa situazione diventa una priorità per aiutare le aziende italiane a esportare di più e meglio.

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Il ruolo di unioncamere nel sostegno alle esportazioni

Unioncamere riveste un ruolo centrale nel monitorare e far crescere l’export italiano. Attraverso studi come quello del Centro studi Tagliacarne, Unioncamere riesce a individuare dove ci siano margini di miglioramento o segmenti ancora poco sfruttati. Questo monitoraggio aiuta a capire quali imprese hanno potenzialmente la struttura per uscire sui mercati esteri ma restano incerte o bloccate per mancanza di consulenza, informazioni pratiche o strumenti adatti.

Il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli, ha puntualizzato come l’export non solo rappresenti una voce importante per il PIL, ma che aumenti anche la resilienza delle imprese nei momenti di crisi. Non a caso molte aziende che esportano regolarmente mostrano stabilità maggiore rispetto a chi punta solo sul mercato interno. Il supporto alle imprese potenziali esportatrici si traduce quindi in un’opportunità per far crescere il lavoro e rafforzare l’economia italiana in tempi difficili.

Prospettive per le imprese italiane e sfide future

Con il contesto attuale di mercati globali sempre più competitivi, non è semplice per le aziende italiane conquistare nuove quote di mercato all’estero. Il quadro mostrato dai dati conferma che molte realtà sono vicine a superare la soglia della prima esportazione continuativa ma frenate da ostacoli non sempre visibili, come carenza di informazioni precise, difficoltà burocratiche o mancanza di contatti diretti.

Rimuovere queste barriere può portare a un aumento significativo del peso dell’Italia nel commercio mondiale. In questo senso, il sostegno da parte degli enti come Unioncamere, così come una maggiore integrazione europea, potranno aprire porte importanti. Se nel 2025 questo processo riesce a coinvolgere attivamente oltre 17 mila nuove aziende esportatrici, il paese potrebbe registrare un saldo commerciale più saldo e un PIL meno dipendente dai consumi interni, in un momento dove la stabilità economica resta fondamentale.





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