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tolto da Francesco e “riattivato” da Leone XIV


Con il nuovo papa Leone XIV torna nel 2025 il “bonus conclave”: un’antica tradizione vaticana che nel 2013 era stata abolita da papa Francesco.

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Si tratta di una gratifica forfettaria destinata ai lavoratori della Santa Sede per l’impegno straordinario durante il periodo di Sede Vacante, ossia l’interregno tra la fine di un pontificato e l’inizio di un altro. Abolita nel 2013 da Papa Francesco, la misura è stata ora ripristinata, portando una sorpresa in busta paga per oltre 4.000 dipendenti.

Torna il Bonus Conclave nel 2025: un gesto simbolico di Leone XIV o un ritorno al passato?

I lavoratori vaticani hanno ricevuto un extra di 500 euro come riconoscimento per le attività svolte durante le settimane del conclave. La gratifica era in passato erogata all’inizio della Sede Vacante e con l’elezione del nuovo Pontefice, ma durante l’abdicazione di Benedetto XVI e l’elezione di Francesco non fu corrisposta. L’allora portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, giustificò la scelta con la necessità di contenere le spese in un momento di crisi economica, preferendo destinare quei fondi a scopi caritativi.

Oggi, invece, la decisione di Leone XIV riaccende il dibattito sull’opportunità di destinare risorse interne alla premiazione del personale piuttosto che al sostegno dei più fragili. Il bonus, sebbene modesto, diventa emblema di una visione diversa rispetto al pontificato precedente.

Chi lavora nello Stato più piccolo del mondo

Il Vaticano impiega circa 5.000 persone. Di queste, circa 2.000 lavorano all’interno della Curia romana, ovvero l’apparato di governo della Chiesa cattolica. Altri sono assunti direttamente dallo Stato della Città del Vaticano. I Musei Vaticani, con 700 dipendenti, rappresentano la principale fonte di entrate per il Governatorato. A essi si aggiungono i 150 tra Archivio e Biblioteca Apostolica e i circa 50 impiegati nella storica farmacia vaticana.

Un bilancio in rosso

Sebbene la Chiesa possieda un patrimonio rilevante, le sue finanze non sono floride. L’ultimo bilancio pubblicato, risalente al 2023, riportava un disavanzo di quasi 68 milioni di euro. Le spese annuali ammontano a oltre 1,2 miliardi, destinati a missioni, diocesi, attività del Papa e costi amministrativi. Le donazioni, che rappresentano circa un quarto delle entrate, sono in costante diminuzione, complici scandali finanziari e una crescente distanza tra la Chiesa e una parte dell’opinione pubblica.

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Papa Francesco aveva avviato un piano di contenimento dei costi, chiedendo tagli agli stipendi e maggiore trasparenza. Tuttavia, l’effetto di queste riforme si è rivelato parziale e insufficiente a invertire la tendenza.

Tra immobili, esenzioni fiscali e controversie

A fronte di bilanci in passivo, il patrimonio immobiliare vaticano continua a impressionare. La Santa Sede possiede oltre 5.400 immobili, dei quali più di 4.000 in Italia. La sola Chiesa cattolica nel nostro Paese detiene quasi 46.000 edifici – tra chiese, scuole, ospedali e centri parrocchiali – per un valore stimato superiore ai 42 miliardi di euro.

A livello globale, il patrimonio immobiliare ecclesiastico raggiungerebbe, secondo alcune stime, cifre vicine ai 2.000 miliardi di euro. Tuttavia, manca una rendicontazione ufficiale e trasparente che permetta di avere un quadro preciso e aggiornato.

Sul fronte fiscale, la normativa italiana prevede esenzioni per gli immobili utilizzati da enti non profit, compresi quelli religiosi, ma solo se adibiti esclusivamente ad attività assistenziali, educative, culturali o sanitarie. Tuttavia, sentenze della Cassazione e modifiche legislative degli anni Duemila hanno esteso in alcuni casi queste esenzioni anche a immobili utilizzati in forma commerciale, purché le attività siano ritenute connesse a finalità religiose. Una zona grigia che, da anni, suscita polemiche sull’equità del sistema tributario e sull’effettiva distinzione tra fini religiosi e obiettivi economici.

Un bonus tra riconoscimento e riflessione

Il ritorno del bonus conclave, se da un lato è un segnale di riconoscimento per chi lavora dietro le quinte del Vaticano, dall’altro riapre il confronto sulle priorità economiche della Chiesa. In un contesto in cui si invoca maggiore trasparenza e attenzione ai bisogni sociali, anche un semplice incentivo può diventare simbolo di una scelta politica e pastorale.

Leone XIV, con questa decisione, sembra voler tracciare una rotta differente rispetto al predecessore, più attenta all’apparato interno. Ma resta da vedere se questa linea incontrerà il favore dei fedeli o alimenterà ulteriori interrogativi su come vengono gestite le risorse della Chiesa.



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