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fondi, espropri e rischi. Il punto.


Il Ponte sullo Stretto di Messina: dibattito su fondi distratti da manutenzione strade, espropri, benefici e rischi. Analisi delle controversie e delle rassicurazioni.

Il Ponte sullo Stretto di Messina è un’opera che accende gli animi e divide le opinioni da decenni. Promette di realizzare un collegamento infrastrutturale storico tra la Sicilia e la Calabria; ma solleva anche enormi interrogativi di natura economica, sociale, ambientale e sulla reale priorità dell’investimento. Con l’avvio delle procedure di esproprio, previsto a partire dalla metà del 2024 (quindi, rispetto alla data odierna del 25 maggio 2025, un processo già iniziato o in fase avanzata), il dibattito è entrato in una fase ancora più accesa e concreta. La domanda che molti si pongono è complessa. Per il Ponte sullo Stretto: fondi, espropri e rischi. Il punto qual è oggi, nel pieno del 2025? Si discute animatamente sulla destinazione dei fondi pubblici; sull’impatto che gli espropri avranno sulla vita di migliaia di cittadini e sulle attività economiche; sui reali benefici attesi a fronte dei costi e dei potenziali rischi, inclusa la sicurezza stradale e il pericolo che l’opera resti un’eterna incompiuta. Questa guida si propone di analizzare le principali controversie che circondano il progetto. Riporta le argomentazioni delle diverse parti coinvolte. Cerca di offrire un quadro il più possibile chiaro e bilanciato della situazione attuale, basandosi sulle informazioni disponibili.

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I soldi per il Ponte vengono tolti alla manutenzione delle strade?  

Una delle critiche più aspre e ricorrenti mosse al progetto del Ponte sullo Stretto riguarda la provenienza di una parte significativa dei fondi destinati alla sua realizzazione. Diverse fonti, tra cui il presidente di provincia Simone Calamai citato nel testo, denunciano una scelta precisa del Governo.

Sarebbero stati dirottati a livello nazionale ben 1,7 miliardi di euro. Questi fondi erano originariamente stanziati e programmati per opere di manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade esistenti (provinciali, statali). Ora sarebbero stati destinati, con alta probabilità, al finanziamento del Ponte.

Questo spostamento di risorse si tradurrebbe in un taglio drastico, stimato al 70%, sulla spesa già programmata per la manutenzione stradale. Comporterebbe una diminuzione media degli stanziamenti del 50% all’anno, almeno fino al 2028.

Quali sono i rischi concreti di una simile riduzione dei fondi per la manutenzione, secondo i critici?

Si teme un addio, o quantomeno un forte rallentamento, a interventi essenziali come:

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    • le periodiche asfaltature delle strade usurate;
    • l’installazione o la manutenzione di barriere paramassi in zone a rischio idrogeologico;
    • il rifacimento e l’aggiornamento della segnaletica stradale orizzontale e verticale;

le necessarie manutenzioni strutturali su ponti e viadotti esistenti, specialmente quelli di competenza provinciale, spesso già in condizioni precarie.

Le conseguenze di questa situazione sarebbero pesanti. Verrebbe messa a rischio la mobilità quotidiana di migliaia di cittadini. Questi si spostano ogni giorno su strade provinciali e locali per lavoro, studio o necessità (il testo cita esempi specifici come la Valbisenzio, la SP4 di Montemurlo, e le SP 8, 9, 10 e 11 sul Montalbano, indicando una preoccupazione radicata a livello locale). Si creerebbe un aumento dell’insicurezza stradale generale. Si lascerebbero i territori, molti dei quali già estremamente fragili dal punto di vista idrogeologico(anche a causa degli effetti sempre più evidenti dei cambiamenti climatici), privi di quegli interventi strutturali che sono indispensabili per garantirne la sicurezza e la tenuta.

L’accusa mossa al Governo è quindi molto dura. Si parla di una scelta “sciagurata” e “scellerata”. Si sottolinea come sia inaccettabile “giocare sulla vita dei cittadini”. Le strade provinciali e locali sono, in tutto il territorio d’Italia, fondamentali per garantire la mobilità interna e l’accesso ai servizi; e le istituzioni hanno il dovere di assicurarne la percorribilità in piena sicurezza.

Quali vantaggi dovrebbe portare il Ponte sullo Stretto? Analisi Costi-Benefici

D’altra parte, i sostenitori del Ponte, inclusa la società concessionaria Stretto di Messina Spa, evidenziano i significativi benefici che l’opera dovrebbe portare una volta realizzata. Un recente report commissionato a Uniontrasporti (società del sistema delle Camere di Commercio specializzata in analisi sui trasporti e le infrastrutture) elenca i seguenti potenziali vantaggi:

  • si stima un risparmio complessivo di 7.759 milioni di minuti all’anno (cioè, circa 129 milioni di ore) negli spostamenti per l’attraversamento dello Stretto tra la Sicilia e la Calabria, sia per i passeggeri che per le merci;
  • si prevede una riduzione delle emissioni di anidride carbonica (CO2) nell’aria pari a 2.580 milioni di tonnellate (la fonte usa “milioni di CO2”, presumibilmente intendendo milioni di tonnellate o un’unità di misura analoga per un periodo non specificato, ma l’ordine di grandezza indica un impatto ambientale positivo in termini di gas serra);
  • si calcola un risparmio di circa 270 milioni di euro all’anno derivante dalla riduzione dei costi operativi per le imprese che trasportano merci tra le due sponde;
  • si stima un beneficio economico di 212 milioni di euro all’annograzie alla riduzione dell’inquinamento atmosferico e acustico locale (ad esempio, nelle aree portuali e nelle città di Messina e Villa San Giovanni, dovuto al minor traffico di traghetti e al minor congestionamento).

Tuttavia, è importante notare che lo stesso report di Uniontrasporti, per una corretta analisi costi-benefici, prende in considerazione anche un potenziale aspetto negativo: un esborso stimato in 108 milioni di euro all’anno a causa di un previsto aumento degli incidenti stradali. Questo dato, che potrebbe sembrare controintuitivo, è probabilmente legato all’aumento complessivo del traffico veicolare che il Ponte potrebbe generare sulle reti stradali di accesso in Sicilia e Calabria, se queste non fossero adeguatamente potenziate per sostenere i nuovi flussi. Questo elemento contribuisce a rendere il bilancio costi-benefici dell’opera ancora più complesso e dibattuto.

Cosa succede a chi possiede case e terreni dove passerà il Ponte? La delicata questione degli espropri

La questione degli espropri necessari per la realizzazione del Ponte e delle sue opere connesse (come le rampe di accesso, le stazioni ferroviarie, le aree di cantiere) è, senza dubbio, una delle più delicate e socialmente impattanti dell’intero progetto.

Le procedure di esproprio erano previste iniziare ufficialmente a partire dalla metà del 2024. (Considerando la data odierna del 25 maggio 2025, queste procedure dovrebbero quindi essere già in corso o, in alcune aree, già in fase avanzata).

È comunque necessaria, come passaggio preliminare e inderogabile, l’approvazione del progetto definitivo dell’opera da parte del Cipess (il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile, che dipende dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri).

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La società Stretto di Messina Spa, che è la concessionaria incaricata della progettazione, costruzione e gestione del Ponte, ha rilasciato dichiarazioni volte a rassicurare la popolazione interessata. Afferma che “Nessuno verrà cacciato dalla sua proprietà con la forza”. Promette che si cercherà di muoversi con la massima gradualità possibile; e nel rispetto dei tempi necessari per consentire alle persone di organizzarsi. Assicura, inoltre, che verranno corrisposti indennizzi equi per le proprietà espropriate. Queste rassicurazioni arrivano anche in risposta a una serie di video e notizie, circolate soprattutto sui social media, che hanno generato allarme tra i residenti; ad esempio, con persone che, per provocazione o per scherzo di cattivo gusto, citofonavano a casa di altri annunciando un imminente esproprio per “vedere l’effetto che fa”.

Nonostante le rassicurazioni, è un dato di fatto che i provvedimenti di esproprio (il cui contenuto dettagliato, al momento della stesura dell’articolo fonte, non era ancora completamente noto) riguarderanno migliaia di persone e di proprietà. Si parla di una vera e propria “città dentro la città” che verrà interessata dalle procedure.

Non si tratterà solo di fabbricati residenziali (case, appartamenti). Ma anche di interi quartieri che potrebbero essere demoliti o profondamente modificati; di lidi balneari e strutture turistiche; di attività commerciali di ogni tipo; e di imprese artigianali o industriali. L’impatto si estenderà anche a proprietà situate a una distanza considerevole (fino a dieci chilometri) dal tracciato principale del Ponte, a causa delle opere accessorie e di collegamento.

Cosa succederà ai proprietari espropriati? Si delineano due scenari principali.

Per chi accetta l’offerta di indennizzo proposta dalla società Stretto di Messina Spa e cede volontariamente la sua proprietà per quella che viene definita la “causa nobile del ponte”: per costoro, come dice il testo fonte, “nulla quaestio” (cioè, nessun problema particolare, la procedura si conclude con l’accordo e il pagamento).

Per gli altri (e si prevede, secondo gli umori e le proteste raccolte sul territorio, che saranno tantissimi) che rifiuteranno l’offerta di indennizzo e che decideranno di fare causa per opporsi all’esproprio o per chiedere un indennizzo maggiore: per costoro, gli scenari saranno più complessi e imprevedibili.

Le somme destinate a questi espropri contestati (cioè, l’indennità offerta dalla società ma non accettata dal proprietario) verranno comunque depositate presso la Cassa Depositi e Prestiti. Resteranno lì, vincolate, in attesa che l’iter giudiziario (che potrebbe durare anche molti anni) giunga a una conclusione definitiva.

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Non sarebbe meglio sistemare prima strade e ferrovie esistenti?  

Questa è l’obiezione più frequente e diffusa da parte di una larga fetta dell’opinione pubblica; specialmente tra coloro che non sono direttamente interessati dai lavori del Ponte (cioè, che non verranno espropriati e non vivono nelle immediate vicinanze del tracciato).

Molti cittadini, comitati e associazioni sostengono con forza: “Altro che ponte! Prima di imbarcarvi in un’opera così colossale e costosa, dovreste sistemare le infrastrutture esistenti, che versano spesso in condizioni disastrose”. Si fa riferimento, ad esempio:

  • alle autostrade (come la Salerno-Reggio Calabria, pur notevolmente migliorata, o altre tratte siciliane e calabresi);
  • alle strade statali e provinciali, spesso dissestate e poco sicure;
  • alle linee ferroviarie, considerate obsolete e lente in molte aree del Sud Italia;
  • ai tanti cantieri “infiniti” che costellano le strade siciliane e calabresi, simbolo di opere iniziate e mai portate a termine o completate con ritardi enormi.

Come risponde a queste obiezioni la società Stretto di Messina Spa?

Innanzitutto, afferma che esiste già un piano di investimenti molto consistente (si parla di decine di miliardi di euro) destinato al potenziamento e alla manutenzione delle infrastrutture esistenti sia in Sicilia sia in Calabria. Questo piano procederebbe parallelamente alla realizzazione del Ponte.

In secondo luogo, sostiene che non si può continuare a rinviare un’opera strategica e di grande importanza come il Ponte sullo Stretto semplicemente in attesa che vengano prima completati tutti gli altri interventi infrastrutturali ritenuti necessari.

L’esistenza di molti problemi pregressi nel sistema dei trasporti del Sud Italia non significa, secondo la società, dover necessariamente posticipare un’opera come il Ponte, che si troverebbe già in una fase avanzata di progettazione esecutiva e di copertura finanziaria.

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C’è il rischio che il Ponte rimanga un’opera incompiuta? 

Questo è un “brutto presentimento” molto diffuso tra la popolazione, specialmente in Sicilia e Calabria. Queste regioni, purtroppo, hanno una lunga e triste storia di “grandi opere” iniziate con grandi proclami e poi mai portate a termine; o completate con ritardi biblici e con un aumento spropositato dei costi. Il timore, quindi, è che il Ponte sullo Stretto possa diventare la “madre (o il padre, come dice il testo fonte) di tutte le incompiute”italiane. Lo scenario peggiore, secondo molti, sarebbe proprio questo: che i lavori vengano iniziati, che il territorio venga stravolto dagli espropri e dai cantieri, e che poi, per mancanza di fondi, per problemi tecnici o per altre ragioni, l’opera resti un moncone incompiuto.

Come rispondono a questo timore i progettisti e i responsabili della società Stretto di Messina Spa?

La loro risposta è netta: “È un rischio che non vogliamo neanche immaginare“.

Essi assicurano che, a differenza di molti altri grandi progetti italiani del passato (spesso partiti senza una copertura finanziaria completa o con stime di costo irrealistiche), per il Ponte sullo Stretto esiste già la copertura dell’intero fabbisogno finanziario necessario per la sua completa realizzazione.

Si parla di una cifra imponente: dodici miliardi di euro. Questi fondi, secondo quanto affermato, sarebbero stati già stanziati e garantiti dalla Legge Finanziaria (Legge di Bilancio) del 2023.

Un ulteriore elemento di garanzia, sempre secondo i proponenti, risiede nel fatto che, nel momento in cui il Cipess (il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile), dopo aver completato l’iter della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e aver ricevuto tutti i pareri necessari, dovesse approvare il progetto definitivo del Ponte, contestualmente a tale approvazione progettuale verrebbe approvato anche il piano finanziario dettagliato per l’intero fabbisogno dell’opera. Questo dovrebbe, in teoria, assicurare la disponibilità continua dei fondi necessari per tutte le fasi di realizzazione, fino al completamento.



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