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Italia-Francia: due cuori europei, una stessa ambizione


di Paolo Longobardi, Presidente onorario Unimpresa

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Mentre a Roma si svolge il bilaterale tra il presidente Emmanuel Macron e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, risulta evidente – e persino urgente – riflettere sul valore strategico del rapporto tra Italia e Francia. Non solo perché parliamo di due tra i principali Paesi fondatori dell’Unione europea, ma perché la loro cooperazione – quando autentica, costante e non appesantita da orgogli nazionali o vecchi rancori – rappresenta un potente motore per l’intero continente.

Italia e Francia condividono più di quanto le cronache politiche quotidiane non suggeriscano: una comune visione industriale, la vocazione alla manifattura d’eccellenza, una struttura economica basata sul tessuto delle piccole e medie imprese, un patrimonio culturale che parla al mondo, e soprattutto l’aspirazione a un’Europa più forte, coesa, sovrana. Ecco perché ogni passo in avanti nel dialogo bilaterale va letto non come una semplice intesa tra governi, ma come una leva per rafforzare l’intero progetto europeo.

Sul piano politico, la relazione tra Parigi e Roma ha attraversato negli ultimi anni fasi alterne. Ma oggi, dinanzi alle sfide globali – dalla transizione energetica alle tensioni geopolitiche, dalla difesa comune alle regole economiche – Italia e Francia sono chiamate a uscire dalla logica dell’alternanza e del sospetto per entrare in una stagione di alleanza strategica. È una questione di responsabilità verso i nostri cittadini, verso l’Europa e verso quel Mediterraneo sempre più cruciale negli equilibri globali.

Il piano economico è ancora più denso di opportunità. I dati ci dicono che la Francia è il secondo partner commerciale dell’Italia, mentre l’Italia è per la Francia il terzo cliente e il secondo fornitore. I flussi di investimento sono intensi, bilaterali, vitali. In gioco non ci sono soltanto le grandi operazioni industriali o bancarie, ma anche le migliaia di piccole imprese italiane che esportano oltralpe e che spesso trovano nei distretti francesi dei mercati complementari, delle collaborazioni virtuose, delle occasioni per crescere.

Eppure, serve fare di più. Occorre – lo diciamo da tempo – armonizzare le regole fiscali e quelle sul lavoro a livello europeo per evitare concorrenze sleali tra territori contigui. Bisogna snellire i meccanismi di accesso ai fondi europei affinché le nostre PMI, soprattutto quelle del Mezzogiorno, possano cooperare con maggiore efficacia con i partner francesi. E va rilanciato il Trattato del Quirinale, che ha posto le basi per una cooperazione strutturata, ma che ha ancora molto potenziale inespresso, specie sui temi dell’innovazione, della formazione, della competitività industriale.

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C’è infine un nodo più profondo: Italia e Francia devono guardarsi non come rivali storici, ma come alleati naturali in un mondo multipolare, dove la voce dei singoli Stati rischia di perdersi se non si unisce in un progetto condiviso. Le differenze esistono, com’è fisiologico. Ma è nel confronto tra differenze che si costruiscono le sintesi più ambiziose.

Da presidente onorario di un’associazione che rappresenta migliaia di imprenditori, artigiani e commercianti, vedo ogni giorno quanto conti il clima politico per creare fiducia nei mercati, quanto pesino le relazioni internazionali sulla vita quotidiana delle imprese. Ecco perché auspico che il vertice di oggi non sia solo una foto diplomatica, ma l’avvio di una fase nuova, più matura, più strategica, più concreta, nei rapporti tra Italia e Francia. Perché da due cuori europei può nascere una sola ambizione: quella di un continente più giusto, più forte e più vicino ai suoi cittadini.

Ufficio Stampa Unimpresa
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