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Le aziende certificate biologiche crescono di più per fatturato. L’indagine di Intesa Sanpaolo


Costo delle materie prime, costo dell’energia, cambiamenti climatici, peggioramento della domanda interna, difficoltà di incasso. Sono queste le principali difficoltà riscontrate dalle aziende agroalimentari italiane, secondo l’indagine interna realizzata da Intesa Sanpaolo, presentata da Stefania Trenti, Head of Industry & Local Economies Research, e presentata alla terza edizione del Global Summit sulla sostenibilità, l’evento di Fondazione Gambero Rosso in partnership con Intesa Sanpaolo, che si è appena svolto a Milano.

Head of Industry and Local Economies Research Intesa Sanpaolo

 

Investimenti in sostenibilità per superare la crisi

Ma come stanno rispondendo le aziende food e wine a questa difficile congiuntura? «Le imprese stanno adottando un mix articolato di strategie in risposta all’incertezza e alla complessità dello scenario: guidano i temi della sostenibilità, come l’autoproduzione di energia e il recupero di efficienza nei processi», spiega Trenti.

 

 

Ma vediamo nello specifico.  Tra le strategie di sostenibilità, al primo posto delle risposte fornite (43,1%) spicca l’investimento sull’autoproduzione di energia, vengono, poi, i nuovi interventi per efficientare i processi di produzione (33,8%). A seguire emergono le strategie legate alle vendite: la diversificazione dei mercati di sbocco (18,6%) e diversificazione degli approvvigionamenti (14,6%). Occhio anche alla tecnologia: introdurre o potenziare la tecnologia è indicato  da buona parte degli intervistati (11,6%). Resta, invece, ai margini la voce capitale umano: solo 2,5% delle risposte per il welfare aziendale, 2,2% per l’assunzione di manager e 2% per i corsi di formazione.

 

Strada green ancora in salita

La voce sostenibilità resta, quindi, in cima alle strategie delle aziende agroalimentari. Aziende che possono vantare un buon posizionamento anche sul piano delle emissioni gas. «L’Italia – fa notare Trenti – ha un buon posizionamento sul piano delle emissioni di gas effetto serra: circa 33 tonnellate per occupato, contro una media Ue di 37,5; mentre Francia e Germania vanno oltre le 50 tonnellate per addetto. Ma c’è ancora molto da fare invece sul piano delle azioni volte a migliorare la sostenibilità ambientale».

Le elaborazioni di Intesa Sanpaolo sui dati Istat mostrano come le imprese agroalimentari siano performanti soprattutto nel trattamento dei rifiuti (ma siamo poco sopra il 40% delle imprese con più di dieci addetti), mentre si scende sotto il 30% per altre azioni, quali il monitoraggio dell’inquinamento ambientale, i piani di miglioramento dell’efficienza energetica, il monitoraggio dei consumi idrici e l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. Si attesta attorno al 20% l’uso di materiali riciclati e attorno al 10% le attività per favorire l’economia circolare. Insomma, si può fare di più.

 

Le imprese certificate fatturano di più

Se la spinta ambientale resta uno dei focus principali nell’intraprendere un percorso di sostenibilità, non si deve sottovalutare la parte economica. «Gli investimenti in certificazioni biologiche rappresentano sempre più una leva strategica: le imprese agro-alimentari che investono in questa direzione mostrano una crescita di fatturato e una redditività migliore rispetto a chi non sceglie questa strada».

Secondo l’analisi di Intesa Sanpaolo sulla banca dati proprietaria Isid (è di 11.506 il campione di imprese agroalimentari), tra il 2019 e il 2023, la crescita del fatturato delle imprese senza certificazioni biologiche si è fermata ad un valore del 22,4%, mentre è arrivata al 28,6% per le imprese munite di certificazione. A dimostrazione di come la sostenibilità non faccia bene solo all’ambiente ma anche ai conti aziendali.

 

 



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