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Musei e archivi online: il futuro della cultura è digitale


Alla luce dell’esigenza di favorire l’interoperabilità tra i sistemi e di far dialogare dati appartenenti a domini diversi della conoscenza, valorizzando il capitale semantico del patrimonio informativo pubblico, nasce un ecosistema digitale per il patrimonio culturale italiano.

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Questo ambizioso progetto si colloca all’interno di un più ampio processo di trasformazione digitale, guidato dal Ministero della Cultura attraverso l’Istituto Centrale per la Digitalizzazione del Patrimonio Culturale – Digital Library[1].

È in questo contesto che si sviluppa il Piano Nazionale di Digitalizzazione del patrimonio culturale (PND), una visione strategica e operativa per il quinquennio 2022-2026, che si propone di strutturare e orientare in modo sistemico l’intero processo di digitalizzazione a livello nazionale.

La Digital Library e il Piano Nazionale di Digitalizzazione (PND)

La Digital Library, istituita nel 2020, nasce con l’obiettivo di coordinare, promuovere e monitorare i programmi di digitalizzazione del patrimonio culturale italiano[2]. L’elaborazione del PND è stata possibile anche grazie alle risorse e all’impulso forniti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che ha rappresentato un’occasione unica per consolidare un ecosistema digitale solido, integrato e orientato ai bisogni futuri delle istituzioni e dei cittadini[3].

Il PND non è semplicemente un piano operativo. Esso si configura come un documento guida articolato in tre sezioni: visione, strategia e linee guida.

La visione propone gli obiettivi di lungo termine, immaginando il patrimonio culturale come un bene comune da tutelare e rendere accessibile attraverso le tecnologie digitali.

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La strategia delinea le tappe per raggiungere questi obiettivi, indicando modelli e criteri di azione.

Infine, le linee guida forniscono strumenti operativi alle istituzioni, affinché possano pianificare, organizzare ed eseguire le attività di digitalizzazione in modo efficace e interoperabile. Il documento è aperto, aggiornabile e condiviso, caratteristiche che ne fanno un punto di riferimento vivo, in continua evoluzione e capace di adattarsi a contesti diversi e a differenti livelli di maturità digitale.

L’attuazione dell’investimento PNRR e la costruzione dei servizi

Con il Decreto del Segretario Generale n. 258 del 7 luglio 2021, la Digital Library è stata individuata come struttura attuatrice per l’investimento PNRR M1C3 1.1 “Strategie e piattaforme digitali per il patrimonio culturale”[4]. Questo investimento si articola in dodici sub-investimenti suddivisi in quattro macro-ambiti di servizio:

  • Servizi abilitanti: costruzione di un’infrastruttura nazionale cloud per la gestione centralizzata delle risorse digitali.
  • Servizi di produzione: digitalizzazione dei beni culturali e sviluppo delle competenze nelle istituzioni culturali.
  • Servizi di conservazione: creazione di sistemi sicuri e durevoli per l’archiviazione di documenti digitali.
  • Servizi di accesso: sviluppo di piattaforme aperte, inclusive e interoperabili per l’accesso ai contenuti digitali.

I.PaC: lo spazio dati della cultura

Uno dei pilastri tecnologici dell’ecosistema digitale è I.PaC (Infrastruttura del Patrimonio Culturale), un complesso sistema basato su tecnologie cloud e intelligenza artificiale. I.PaC nasce per superare la frammentazione dei sistemi di fruizione e per permettere la gestione integrata di dati culturali eterogenei, stratificati e multisorgente.

L’infrastruttura consente due principali modalità di adesione:

  • Integrazione: l’ente trasferisce i propri dati all’interno di I.PaC, mantenendo autonomia nei processi di catalogazione.
  • Federazione: l’ente condivide solo i metadati, mantenendo in locale i contenuti digitali ma rendendoli accessibili tramite referenziazione.

I.PaC mette a disposizione servizi di gestione e arricchimento dei dati attraverso ontologie, grafi di conoscenza e API applicative, rappresentando così il primo vero spazio dati nazionale dedicato al patrimonio culturale[5].

L’ecosistema digitale del patrimonio culturale

Oltre a I.PaC, l’ecosistema digitale del patrimonio culturale comprende altri strumenti complementari:

  • D.PaC: software a servizio delle campagne di digitalizzazione, in coerenza con le linee guida del PND.
  • DPaaS: piattaforma pensata per sviluppatori, che fornisce tecnologie e dati per la creazione di nuove applicazioni[6].

L’ecosistema si presenta quindi come un ambiente multilivello e modulare, che coinvolge istituzioni, operatori culturali, enti di ricerca, startup e cittadini, ognuno con un proprio ruolo all’interno dei tre ambienti principali: produzione, manipolazione/arricchimento e accesso/fruizione.

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Opportunità e sfide della digitalizzazione del patrimonio culturale

La digitalizzazione, se ben progettata, consente non solo di conservare il patrimonio culturale, ma anche di democratizzarne l’accesso, stimolare la ricerca interdisciplinare e favorire nuove forme di partecipazione culturale. Tuttavia, come ha osservato Robert Darnton, i materiali digitali sono soggetti a obsolescenza tecnologica: formati, software e dispositivi diventano rapidamente superati, minacciando la longevità degli archivi digitali.

Per questo, è cruciale che le istituzioni investano in soluzioni di archiviazione a lungo termine e in politiche di preservazione digitale. La semplice digitalizzazione non è sufficiente: occorre anche garantire la metadatazione accurata, la connessione con i cataloghi nazionali (es. Manus On Line per i manoscritti o OPAC SBN per i volumi a stampa), e la corretta interrelazione tra risorse e descrizioni bibliografiche.

Un esempio critico riguarda le pubblicazioni seriali: senza un sistema che colleghi i numeri digitalizzati alla rispettiva catalogazione in OPAC[7], si rischia di rendere invisibili contenuti preziosi. Anche in questo caso, servono strategie editoriali e bibliografiche coordinate, che andrebbero approfondite in contributi dedicati. La digitalizzazione del patrimonio culturale italiano rappresenta una straordinaria opportunità per proiettare nel futuro la nostra eredità storica e artistica. Grazie a iniziative come il PND, la Digital Library e l’infrastruttura I.PaC, il Paese si sta dotando di una visione solida, coerente e tecnologicamente avanzata. Ma il successo di questa trasformazione non dipenderà solo dalle infrastrutture: sarà determinante la capacità delle istituzioni culturali di cooperare, aggiornarsi, formare nuove competenze e adottare una visione sistemica. In un mondo in cui l’accesso alla conoscenza è sempre più digitale, la posta in gioco non è solo l’innovazione, ma la salvaguardia della memoria collettiva.

La digitalizzazione e il problema della conservazione dei dati personali: criteri, criticità e prospettive

Il periodo di conservazione dei dati personali – la cosiddetta data retention – rappresenta uno degli elementi basilari della protezione dei dati. Nell’era della digitalizzazione, il tema si intreccia strettamente con la governance dei dati, la compliance normativa e le sfide della sicurezza informatica. Comprendere, dunque, come, per quanto tempo e su quali basi si possano conservare i dati è essenziale non solo per tutelare i diritti degli interessati, ma anche per proteggere le organizzazioni da rischi operativi, giuridici e reputazionali[8].

La data retention è il periodo entro il quale i dati personali possono essere lecitamente conservati prima di essere eliminati o resi anonimi. Il principio è sancito nel GDPR (Regolamento UE 2016/679), ma ha radici già nel Codice Privacy italiano (D.lgs. 196/2003). In particolare, l’articolo 5 del GDPR impone che i dati personali siano “conservati in una forma che consenta l’identificazione degli interessati per un arco di tempo non superiore al conseguimento delle finalità per le quali sono trattati”.

È importante sottolineare che non si può conservare un dato personale in eterno, né farlo sulla base di una generica finalità (“potrebbe servire”): ogni trattamento deve essere giustificato, limitato, monitorato e concluso nei tempi adeguati.

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Due sono i pilastri che regolano la conservazione dei dati nel GDPR:

  1. Principio di limitazione della conservazione: i dati devono essere conservati solo per il tempo strettamente necessario al raggiungimento delle finalità dichiarate.
  2. Principio di minimizzazione: i dati trattati devono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario. Il che implica che non si possano raccogliere o conservare dati in eccesso.

Entrambi i principi si traducono, operativamente, in una chiara responsabilità per il titolare del trattamento: individuare e motivare il periodo di conservazione per ogni trattamento[9].

Archivi cartacei e digitali: differenze nella conservazione

Oggi la quasi totalità delle organizzazioni conserva i dati in formato elettronico. Tuttavia, la transizione al digitale non ha risolto – anzi, ha aggravato – il problema della corretta gestione della conservazione. Il dato digitale, a differenza di quello cartaceo, è più difficile da eliminare in modo irreversibile. Il backup automatico, la replica nei cloud, le cache di sistema, rendono il concetto di “cancellazione completa” un obiettivo complesso e sfuggente[10].

Come stabilire i criteri di conservazione: tra normativa e buon senso

Il GDPR, all’art. 13, impone che l’informativa indichi “il periodo di conservazione oppure i criteri utilizzati per determinarlo”. Ecco perché è importante dotarsi di criteri oggettivi, preferibilmente condivisi con associazioni di categoria, ordini professionali e altri stakeholder. I criteri più ricorrenti sono:

  • Obblighi normativi (es. obbligo decennale per la contabilità ex art. 2220 c.c.)
  • Interessi legittimi documentabili (es. difesa in giudizio, gestione di richiami prodotto)
  • Valore storico/archivistico (es. documenti di rilevanza culturale)
  • Giurisprudenza e prassi consolidate
  • Raccomandazioni dell’Autorità Garante o di altri organismi di settore

Ogni criterio, tuttavia, porta con sé delle criticità: l’assenza di linee guida uniformi, la difficoltà di applicazione analogica, l’evoluzione giurisprudenziale, l’elevata soggettività in fase di valutazione[11].

Alcuni esempi pratici e casi limite[21]

Casistica Tempo di conservazione suggerito
Fatture e scritture contabili 10 anni (art. 2220 c.c.)
Malattie professionali ex-dipendenti 30 anni (prova delle misure preventive)
Curriculum vitae non selezionati max 6 mesi dalla chiusura della selezione
Contratti con artisti famosi illimitato (valore storico)
Comunicazioni marketing 24 mesi dalla registrazione (provvedimento Garante)
Posta elettronica dipendenti max 12 mesi; cancellazione alla cessazione del rapporto (provv. 53/2018)

Per gestire correttamente la conservazione dei dati serve una Data Retention Policy, ovvero una politica aziendale scritta che indichi con chiarezza:

  • le finalità di conservazione
  • i tempi per ciascuna categoria di dati
  • le modalità di conservazione e accesso
  • le procedure di cancellazione e distruzione (fisica o logica)
  • le responsabilità interne
  • i controlli periodici e l’aggiornamento
  • le misure di sicurezza fisica e logica

Questo documento deve essere integrato nel sistema di gestione privacy e diventare parte del Modello Organizzativo Privacy (ex accountability del GDPR)[22].

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La questione ancora aperta: la “cancellazione mirata

Uno dei problemi più rilevanti e ancora irrisolti è quello della cancellazione mirata: sapere esattamente cosa cancellare e quando, senza compromettere altri dati o sistemi. Nei sistemi informatici complessi, questa operazione è tutt’altro che banale.

Esempio classico: i backup. I backup contengono copie di archivi anche non più necessari, e cancellare selettivamente i dati da un backup richiede operazioni complesse, spesso impossibili se il backup è cifrato o compresso.

Il capitolo 4 delle Linee guida AgID (in attuazione del Codice dell’Amministrazione Digitale) ha chiarito molti aspetti relativi alla conservazione digitale, soprattutto nella PA. I punti salienti:

  • I documenti informatici devono essere trasferiti nel sistema di conservazione già in fase corrente.
  • La responsabilità resta in capo all’ente pubblico, anche in caso di outsourcing.
  • Devono essere rispettate regole di interoperabilità (UNI SInCRO).
  • È obbligatorio il manuale di conservazione, documento che descrive ruoli, procedure e strumenti.
  • L’accreditamento dei conservatori è stato abbandonato per conformarsi al Regolamento UE 2018/1807, ma ciò ha sollevato dubbi su controllo e qualità.

Prospettive future per la conservazione dei dati digitali

La conservazione dei dati è una sfida complessa che richiede una visione integrata tra esigenze normative, tecnologie e pratiche organizzative. Il GDPR ha introdotto l’obbligo di rendere espliciti i criteri di conservazione, ma ha lasciato ampi margini interpretativi. Per colmare questo vuoto, serve una cooperazione attiva tra Autorità, enti di categoria, professionisti e operatori del settore[23]. La digitalizzazione non può essere solo “accumulo” di dati. Deve essere anche capacità di gestirli, classificarli, conservarli nei tempi giusti e, quando serve, distruggerli responsabilmente. Solo così si può parlare di una vera cultura della protezione dei dati nell’era digitale.

Note


[1] A. Negri – L. Cerullo, Digital Library e PNRR: strategie e piattaforme digitali per la cultura, in FPA, 3/06/2025.

[2] Gli interventi del Pnrr per la digitalizzazione del Paese, in Open Polis, 25/07/2022.

[3] Pnrr e Terzo settore, cosa cambia e perché digitalizzare, in Open Polis, 14/09/2024.

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[4] A. Negri – L. Cerullo, Digital Library e PNRR: strategie e piattaforme digitali per la cultura, in FPA, 3/06/2025.

[5] A. Negri – L. Cerullo, Digital Library e PNRR: strategie e piattaforme digitali per la cultura, in FPA, 3/06/2025.

[6] Pnrr e Terzo settore, cosa cambia e perché digitalizzare, in Open Polis, 14/09/2024.

[7] A. Negri – L. Cerullo, Digital Library e PNRR: strategie e piattaforme digitali per la cultura, in FPA, 3/06/2025.

[8] P. Russilio, PA digitale post-PNRR: strategie per una trasformazione sostenibile, in Agenda Digitale, 27/03/2025; si veda anche M. Guercio, Conservazione digitale: ecco il modello definito nelle Linee guida AgID, novità e nodi critici, in FPA, 16/02/2022.

[9] Agid: https://www.agid.gov.it/it/piattaforme/conservazione

[10] A. Paolino, Il processo di digitalizzazione della Pa, in Altalex, 20/12/2021.

[11] P. Russilio, PA digitale post-PNRR: strategie per una trasformazione sostenibile, in Agenda Digitale, 27/03/2025.

[12] Istruttore direttivo presso Biblioteca civica “Romolo Spezioli” di Fermo, membro dei comitati scientifici e di redazione delle riviste Menabò, Scholia, Notizie Geopolitiche e Il Polo – Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti”, e Socio Corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le Marche.

[13] S. Pileri, PNRR e trasformazione digitale, a che punto siamo? Il bilancio del terzo anno, in Agenda Digitale, 4/06/2024; A. Tironi, PNRR 2025: a che punto siamo con i Comuni 4.0, in Agenda Digitale, 10/02/2025.

[14] B. Balbio, Attuazione PNRR, nel digitale l’Italia è tra i più avanti in Europa, in Osservatori Digital Innovation, gennaio 2025.

[15] Gli interventi del Pnrr per la digitalizzazione del Paese, in Open Polis, 25/07/2022.

[16] S. Pileri, PNRR e trasformazione digitale, a che punto siamo? Il bilancio del terzo anno, in Agenda Digitale, 4/06/2024.

[17] M. Guercio, Conservazione digitale: ecco il modello definito nelle Linee guida AgID, novità e nodi critici, in FPA, 16/02/2022.

[18] P. Russilio, PA digitale post-PNRR: strategie per una trasformazione sostenibile, in Agenda Digitale, 27/03/2025.

[19] P. Russilio, PA digitale post-PNRR: strategie per una trasformazione sostenibile, in Agenda Digitale, 27/03/2025.

[20] P. Russilio, PA digitale post-PNRR: strategie per una trasformazione sostenibile, in Agenda Digitale, 27/03/2025; si veda anche M. Guercio, Conservazione digitale: ecco il modello definito nelle Linee guida AgID, novità e nodi critici, in FPA, 16/02/2022.

[21] Si veda Linee guida per la digitalizzazione: https://docs.italia.it/italia/icdp/icdp-pnd-digitalizzazione-docs/it/v1.0-giugno-2022/il-progetto-di-digitalizzazione/come.html

[22] M. Guercio, Conservazione digitale: ecco il modello definito nelle Linee guida AgID, novità e nodi critici, in FPA, 16/02/2022.

[23] A. De Robbio, Gli articoli scientifici rischiano di sparire da Internet, in Radiobue.it, 22/03/2024.



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