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Le società accumulano liquidità dalle obbligazioni, non dai prestiti


Nel campo della finanza aziendale, non tutta la liquidità è uguale. Un nuovo articolo pubblicato sul Journal of Corporate Finance da Paolo Colla e Florian Nagler (entrambi del Dipartimento di Finanza Bocconi) rivela una netta distinzione nel modo in cui le imprese gestiscono il risparmio a seconda del tipo di debito. Intitolato “Firms save from bonds but not from loans”, lo studio mostra che le imprese tendono a risparmiare una parte significativa dei fondi raccolti tramite l’emissione di obbligazioni—ma non si comportano allo stesso modo con i prestiti bancari.

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Contributi per le imprese

 

Le imprese risparmiano circa 14 centesimi per ogni dollaro preso in prestito con le obbligazioni, mentre non mostrano un comportamento di risparmio simile con i prestiti.

Non si tratta di un’anomalia temporanea. Il modello si conferma stabile nel tempo e tra imprese di diversa natura, ed è legato alla possibilità di usare gli asset come garanzia. Gli autori ne quantificano l’effetto: “le aziende risparmiano circa 14 centesimi per ogni dollaro raccolto attraverso bond, mentre non si osserva un comportamento analogo con i prestiti”. Anche dopo due anni, gran parte di quella liquidità resta inutilizzata.

Il contesto: l’accumulo di liquidità delle imprese

Da anni gli analisti osservano come le imprese accumulino liquidità per proteggersi dalle frizioni finanziarie. Studi precedenti hanno mostrato che le imprese risparmiano in modo marcato dai flussi di cassa interni e, in modo più inatteso, anche da aumenti di capitale. Il contributo di Colla e Nagler è quello di introdurre una netta distinzione nei comportamenti di risparmio a seconda del tipo di debito—una dimensione finora poco esplorata nel quadro del risparmio aziendale.

Obbligazioni e prestiti: un divario strutturale

La distinzione è importante perché i prestiti sono tipicamente garantiti, vengono negoziati con intermediari (banche) e sono spesso a breve termine. Le obbligazioni, invece, non sono garantite, sono emesse sui mercati aperti e tendono ad avere meno vincoli. Secondo gli autori, questa differenza strutturale ha implicazioni concrete sul modo in cui le imprese gestiscono la liquidità.

I dati analizzati—oltre 21.000 osservazioni annue di imprese statunitensi quotate tra il 2003 e il 2018—mostrano con coerenza che “le imprese risparmiano dai bond ma non dai prestiti”. Questo comportamento distintivo non dipende tanto dal rischio di insolvenza, quanto dalla difficoltà di usare gli asset come collaterale.

Cosa spiega la differenza

La minore tangibilità delle attività e le scadenze più brevi sono legate a un sostanziale aumento dei tassi di risparmio derivanti dai prestiti obbligazionari.

Lo studio individua nella pledgeability—cioè la possibilità di usare gli asset come garanzia—il fattore principale che spiega il risparmio derivante dai bond. “Una minore tangibilità degli asset e una durata più breve degli stessi sono associate a un maggiore tasso di risparmio dai proventi obbligazionari”, scrivono Colla e Nagler. Le imprese con asset poco tangibili risparmiano quasi quattro volte di più, in media, rispetto a quelle con asset ad alta tangibilità.

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Gli autori hanno verificato anche altre ipotesi, come quella secondo cui il rischio sistemico dei flussi di cassa possa influenzare il risparmio, riscontrando che la pledgeability è il fattore che spiega meglio i risultati.

La teoria incontra la realtà

Per rafforzare i risultati empirici, gli autori utilizzano una versione del modello di Acharya-Davydenko-Strebulaev (ADS). Il modello mostra che, in presenza di costi elevati di default e vincoli di finanziamento esterno, le imprese con pochi asset da offrire in garanzia ottimizzano accumulando liquidità. Il comportamento previsto dal modello rispecchia fedelmente quanto osservato nei dati.

Ripensare la strategia del debito

Questa ricerca ridisegna il modo in cui pensiamo al debito, non come un pool uniforme di capitale, ma come uno strumento la cui progettazione guida il comportamento aziendale. Il mercato obbligazionario non si limita a fornire finanziamenti, ma consente di gestire la liquidità in modo diverso dai prestiti bancari. Per le aziende che non possono impegnarsi, le obbligazioni non sono solo un’opzione: sono una leva strategica per rimanere liquide e flessibili.

Come mostrano Colla e Nagler, il “borrow-to-save” non è una reazione a crisi eccezionali, ma un comportamento strutturale, persistente e guidato dai fondamenti della progettazione del debito. Un’intuizione che ha conseguenze importanti non solo per i responsabili finanziari d’impresa, ma anche per regolatori, investitori e analisti della salute finanziaria aziendale.



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