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accelerare per salvare il pianeta da un rapido degrado


Il degrado ambientale accelera e costringe a rivedere le stesse previsioni degli scienziati, mentre gli strumenti legislativi per contrastarlo vengono definiti, in Italia, con eccessiva lentezza. Intorno a questi concetti si è mosso il convegno “Costituzione: nuovi orizzonti per il nostro Paese”, promosso da ASviS, Ecco – il think tank italiano per il clima e Globe Italia, che si è tenuto il 13 giugno nella Sala della Regina della Camera dei deputati.

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Ma a che punto siamo con l’attuazione della riforma costituzionale del 2022, che ha inserito la tutela dell’ambiente e dell’interesse delle future generazioni tra i principi fondamentali della Repubblica? Un segnale incoraggiante arriva dal disegno di legge 1192, approvato l’8 maggio dal Senato e ora all’esame della Camera, che introduce all’articolo 4  il principio per cui le leggi della Repubblica promuovono l’equità intergenerazionale  e che, per rendere tale principio effettivo, diventi obbligatoria la Valutazione di impatto generazionale (Vig). Ma senza una governance adeguata del quadro normativo e una legge quadro sul clima, il percorso aperto tre anni fa dalla modifica della Carta rischia di indebolirsi.

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Anna Ascani, vicepresidente della Camera, è intervenuta con un videomessaggio definendo la riforma “storica”, ma ha avvertito che “i principi da soli non bastano. Serve farli camminare nelle politiche, rendere concrete quelle speranze che abbiamo condiviso modificando la nostra Carta. Oggi è importante esaminare gli effetti di quella riforma, ma anche capire lo stato dell’arte in un mondo che sembra arretrare. I diritti delle nuove generazioni non sono più una priorità, sono scomparsi dai radar del nostro Paese”, ha aggiunto.

Elisa Anzaldo, vicedirettrice del Tg1 e moderatrice dell’incontro, ha ricordato come in Italia non sia ancora iniziato un dibattito parlamentare serio sulla legge sul clima: “Una legge ci darebbe obiettivi e responsabilità, e definirebbe soluzioni nel caso in cui questi non venissero raggiunti”.

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Nella sua relazione introduttiva, il direttore scientifico dell’ASviS Enrico Giovannini ha posto l’accento sull’accelerazione della crisi climatica, segnalando i venti contrari che allontanano dalla scienza, con l’uso di “tecniche cospirazioniste” e quattro argomenti che provano a ostacolare l’azione per il clima: benaltrismo (“perché me ne devo occupare io?”), scavalcamento di altre priorità (“perché ora?”), effetto Nimby (“perché qui?”), fatalismo (“è tutto inutile”). “Se non cambiamo il nostro ordinamento nei principi e nelle pratiche, il nostro Paese non cambierà”, ha detto quindi Giovannini, invitando a definire il modo concreto con cui i nuovi strumenti, a partire dalla Valutazione d’impatto generazionale, saranno applicati: “Il vero tema è come si fa una valutazione”. In questo senso l’ASviS e Save the Children hanno costituito un comitato scientifico per analizzare le migliori pratiche esistenti ed elaborare una proposta da sottoporre al Governo. Giovannini ha affermato che il Paese ha bisogno di dotarsi di una governance anticipante, come già avviene in Europa, e ha indicato tre possibili strumenti istituzionali per farlo: la creazione di una struttura di previsione strategica presso la presidenza del Consiglio, l’estensione delle competenze dell’Ufficio parlamentare di bilancio oppure la trasformazione di uno degli enti già esistenti. “C’è una grande fetta della società italiana che desidera questo cambiamento”, come dimostra anche la crescente adesione alla nuova partnership “Ecosistema Futuro” promossa dall’ASviS.

Carmen Miracolo, funzionaria del Gruppo parlamentare del M5S e docente Globe Italia, ha raccontato il dietro le quinte della riforma costituzionale: “È stato complesso trovare una quadra politica, ma è stato un momento di bella politica. Ambiente non è solo ciò che si vede, ma anche la tutela dell’aria e del sottosuolo. Purtroppo, credo che ora non si stia facendo abbastanza, serve più sensibilità da parte della classe dirigente”. Miracolo ha sottolineato l’importanza del pronunciamento di un anno fa della Corte costituzionale sul cosiddetto “Decreto Priolo”, perché per la prima volta la Corte è intervenuta citando esplicitamente la modifica agli articoli 9 e 41. Con riferimento alle notizie degli ultimi giorni, ha aggiunto che sarebbe un passo indietro il probabile rinvio del divieto di circolazione per i veicoli diesel Euro 5, previsto il 1 ottobre 2025.

Giuseppe Argirò, vicepresidente di Elettricità Futura, ha sottolineato il ruolo strategico delle rinnovabili: “Queste tecnologie ci rendono detentori della materia prima energetica, al riparo dagli shock macroeconomici, l’ultimo quello del gas russo nel 2022. Le rinnovabili sono le più competitive in termini di produzione. Le tecnologie legate alla transizione diventeranno ineludibili, con battaglie di retroguardie rischiamo di perdere una straordinaria opportunità per il Paese“.

Matteo Leonardi, direttore esecutivo di Ecco, ha sottolineato come il cambiamento climatico influisca sulla biodiversità e sui sistemi economici e sociali, e abbia una chiara dimensione intergenerazionale: “La legge sul clima è lo strumento di partenza per costruire una governance coerente. È il primo tassello per cercare la coerenza rispetto all’attività legislativa e regolatoria di tutte le strutture dello Stato. La lotta al cambiamento climatico non è solo ‘no fossili, sì rinnovabili’, ma anche rendere la transizione sociale un volano per innovazione e investimenti. Occorre che le nuove tecnologie siano accessibili e partano dai bisogni socio-economici delle persone, che sono quelle che costituiscono i nostri mercati e fanno partire l’innovazione nelle imprese”.

Andrea Ferrazzi, responsabile dei Rapporti istituzionali dell’ASviS, già senatore e membro del Comitato ristretto dei nove che ha preparato la riforma del 2022, ha evidenziato come la modifica della Costituzione sia stato un intervento senza precedenti: “Si è superato un grande problema del nostro Paese, ossia il tribalismo culturale. Il clima non è un tema di parte. Il cambiamento climatico è entrato nelle nostre città e territori: chi lo nega, o mette la testa sotto la sabbia, ha un atteggiamento ideologico. Basta vedere la grandinata che pochi giorni fa ha colpito la Pedemontana veneta. Dal diritto all’ambiente, e potremmo dire anche ‘diritto dell’ambiente’, visto che c’è una riflessione giuridica in corso a livello internazionale, derivano altri diritti: la salute, con le migliaia di morti per inquinamento, l’abitare, il lavoro. Parlare di ambiente dunque non è bucolico, è parlare di sviluppo e di rispetto per i nostri figli”.

 

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Luca Antonini, vicepresidente della Corte Costituzionale, ha inquadrato le sfide aperte dalla riforma della Costituzione nel clima culturale e politico attuale: “Viviamo in democrazie fragili e stanche, sui temi importanti i parlamenti faticano a elaborare riflessioni accurate. E il clima di guerra rende difficile pensare all’ambiente. Dunque l’ambiente, tema del bene comune, diventa difficile da affrontare in un mondo polarizzato. Come ha detto Papa Leone, la gente non è mai stata tanto connessa e allo stesso tempo tanto sola. Ma chi è fragile è in balia del potere, è manipolabile, come accade con i social”. Per Antonini “di fronte a un mondo che chiude gli occhi, inserire l’ambiente nella Costituzione è stato un miracolo. La legge può essere un ‘nudge’, una spinta gentile per cambiare i comportamenti”.

Massimo Milani, deputato di Fratelli d’Italia e segretario della VIII Commissione (Ambiente, Territorio e Lavori pubblici) della Camera, ha riconosciuto che la guerra ha spostato l’agenda politica, ma ha rivendicato il consenso trasversale sulla necessità della transizione: “Nessuna forza politica in Italia nega quello che sta accadendo, bisogna andare spediti verso la decarbonizzazione. Investire nelle rinnovabili è fondamentale, ma servono anche altri fonti: l’idroelettrico su tutte, ma ci aspettiamo ottimi risultati anche dall’eolico, particolarmente quello offshore, e occorre riaprire il dossier del nucleare. C’è qualche difficoltà sul fotovoltaico, perché tutelare l’ambiente significa anche tutelare il territorio. La transizione va gestita con pragmatismo, accompagnando i nostri tessuti produttivi”.

Chiara Braga, capogruppo del Partito Democratico alla Camera, ha lamentato la lentezza del cambiamento: “La riforma ha avviato un cammino che però sta procedendo troppo a rilento. La sostenibilità non guida ancora le scelte economiche, infrastrutturali e fiscali. Non è ancora un obiettivo trasversale e capace di guidare le scelte. Questo dipende dalla sensibilità politica ma anche dal modo di legiferare della Camera, con i suoi procedimenti standardizzati. Serve una legge quadro sul clima che sia il cuore della pianificazione strategica. E dobbiamo dare gambe al principio di equità intergenerazionale”.

Giovannini ha concluso l’evento rilanciando tre punti: rispettare gli impegni già assunti dal nostro Paese, anche sul fronte energetico, come richiesto dalla Commissione europea; dotarsi di strumenti di governance anticipante che aiutino a tenere la rotta nonostante le crisi; assumere decisioni coerenti con una transizione ecologica giusta, a partire dal Piano sociale per il clima da trasmettere a Bruxelles entro il 30 giugno, che verrà finanziato con le risorse del Fondo sociale per il clima.

 

di Andrea De Tommasi



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