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I pilastri del “Social Impact Manager”


Nell’epoca che stiamo vivendo, connotata dall’emergere di crescenti fragilità sociali, la promozione della cura del bene comune, assume un valore sempre più importante. Su questo versante, le imprese, coniugando virtuosamente carità e imprenditorialità, etica e utilizzo delle nuove tecnologie che, ultimamente, stanno sfociando nella figura del “Social Impact Manager”, hanno un rilievo fondamentale. Interris.it, ha intervistato Francesco Augurusa, presidente Fondazione Antonio Emanuele Augurusa e vicepresidente Nazionale Movimento Giovani UCID.

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Francesco Augurusa (@ per gentile concessione)

L’intervista

Quali sono le caratteristiche della figura del “Social Impact Manager”?

“E’ un professionista capace di progettare e gestire a livello manageriale interventi di impatto sociale per lo sviluppo sostenibile e la transizione digitale per il Terzo Settore, le imprese e la Pubblica Amministrazione. Lavora alla creazione e diffusione di una cultura condivisa sui temi della sostenibilità, della responsabilità sociale, dell’economia civile, della restituzione generativa e della giustizia sociale e assicura che l’applicazione operativa di tali tematiche non sia recepita dagli enti come mera attuazione di obblighi imposti dalle normative ma come parte integrante dei processi di sviluppo delle imprese, dei territori e delle comunità. Il Social Impact Manager è un facilitatore e driver di cambiamento sociale capace di intercettare i bisogni delle organizzazioni, dei territori e dei soggetti target e costruire in risposta interventi collaborativi tra gli stakeholder che contribuiscono in modo concreto alla creazione di valore condiviso. Un mestiere, dunque, che integra visione strategica, innovazione e trasversalità”.

In che modo questa figura potrà incrementare lo sviluppo sostenibile?

“La mancata attenzione alla sostenibilità sociale e ambientale amplifica le disuguaglianze e acuisce le disparità, mentre istituzioni e aziende mostrano incertezza nel tradurre gli impegni in azioni concrete nonostante l’urgenza del contesto globale. Il Social Impact Manager si inserisce in un quadro di ripensamento più ampio dei modelli economici e sociali di sviluppo, rappresentando un primo tassello costruttivo. Solo superando logiche frammentarie e short-termism si potranno generare sistemi resilienti, capaci di coniugare benessere collettivo e tutela del pianeta, e il Social Impact Manager è la figura ideale per generare soluzioni che leggano la giustizia sociale e la transizione ecologica come nozioni e pratiche inscindibili. Uno sviluppo realmente sostenibile non può realizzarsi altrimenti”.

Qual è l’impegno della Fondazione Augurusa?

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“Abbiamo immaginato un nuovo paradigma di sviluppo, nonché approccio metodologico che guida il nostro impegno sociale, la restituzione generativa. Obiettivo della restituzione generativa è creare valore sociale duraturo e sostenibile per le comunità attraverso la realizzazione di interventi che allineano gli sforzi di tutti i soggetti territoriali, dalle istituzioni alla società civile, nella direzione del bene comune e di una prosperità equa e condivisa. Per noi il Social Impact Manager è proprio quella figura che interpreta il paradigma e lo mette in pratica nella costruzione di modelli di restituzione generativa in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030, come il modello Virtus Lab che investe sul capitale umano attraverso processi gratuiti di formazione e inclusione socio-lavorativa impattando positivamente aziende, persone e territori”.

Quali sono i vostri auspici per il futuro al fine di incentivare la collaborazione nel mondo dell’impresa?

“Ritengo che l’imprenditoria sia una nobile vocazione, se pensata e praticata come un cammino condiviso verso una società più giusta e sostenibile e verso un’economia che valorizzi la cooperazione e la responsabilità sociale. Dobbiamo considerare le imprese attori sociali, non solo economici. Ciò richiede innanzitutto di integrare pratiche ESG (ambientali, sociali e di governance) nelle decisioni aziendali, implica poi sviluppare politiche aziendali che rispettino la dignità dei lavoratori e delle comunità coinvolte, significa infine superare la logica del profitto fine a sé stesso e misurare il successo aziendale anche in base al contributo reale al benessere della comunità. Chi sceglie di essere imprenditore e lo fa come vocazione considera l’impatto delle proprie azioni nella società cercando di creare valore per tutti, non solo per sé e per gli azionisti. Mi auguro dunque che nella ricerca del necessario equilibrio tra crescita economica e responsabilità sociale ogni imprenditore si assuma il personale e quotidiano impegno di procedere nella direzione indicata da Papa Leone XIV di una ‘pace disarmata e disarmante’, perché la pace non si costruisce solo con la diplomazia ma anche con istituzioni economiche e sociali che favoriscano equità e inclusione”.

Quali sono gli orizzonti del manager di impatto sociale?

“Ci prefiggiamo come mission di combattere le povertà e superare le disuguaglianze in ogni loro forma e questo è il cuore del messaggio che intendiamo trasmettere ai Social Impact Manager durante il loro percorso di formazione, affinché si facciano promotori del benessere collettivo. Serve un ripensamento strutturale che leghi giustizia ambientale a riforme economiche e istituzionali e il Social Impact Manager sarà chiamato nei prossimi anni a rispondere a questa sfida in quanto professionista deciso a riportare la categoria del bene comune al centro del discorso economico e sociale”.



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