Certificazione della parità di genere, esoneri contributivi per l’assunzione di donne, misure per la parità e trasparenza salariale e nuove opportunità per favorire l’inclusione e la partecipazione dei lavoratori: ecco alcuni degli strumenti più preziosi per le imprese virtuose che intendono impegnarsi per la parità di genere e la sostenibilità sociale.
Sebbene negli ultimi anni l’occupazione femminile abbia registrato segnali di crescita, il Rapporto CNEL-ISTAT pubblicato a marzo 2025 evidenzia il permanere di forti squilibri e un tasso di occupazione delle donne tra i più bassi d’Europa, di oltre 12 punti percentuali sotto la media. Il divario retributivo medio rimane piuttosto marcato, superando 6.000 euro annui.
I progressi ci sono, ma sono davvero lenti. Il Global Gender Gap Report 2025 pubblicato l’11 giugno 2025 evidenzia come alla velocità attuale siano ancora necessari 123 anni per il raggiungimento della parità di genere. Il Global Gender Gap Index 2025 ha registrato un miglioramento di appena lo 0.3% rispetto alla misurazione 2024.
Le imprese sono chiamate a mettere in campo azioni concrete per il raggiungimento della parità di genere nel mondo del lavoro e la promozione di politiche di sostenibilità sociale.
Di seguito un riepilogo di alcuni strumenti a disposizione, ritenuti particolarmente rilevanti.
La certificazione della parità di genere
A decorrere dal 1° gennaio 2022, è stata istituita la certificazione della parità genere (art. 46-bis del Codice per le pari opportunità). La prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022 definisce i requisiti per l’ottenimento.
I vantaggi del sistema sono tangibili.
Le aziende private in possesso del certificato godono di premialità nell’ambito di gare di appalto pubblico e valutazioni di progetto per la concessione di fondi europei, nazionali e regionali, oltre che di sgravi pari all’1% dei contributi previdenziali carico azienda, fino ad un massimo di 50.000 euro annui.
I benefici del punto di vista organizzativo e reputazionale sono ancor più rilevanti. Infatti, lo schema di certificazione:
– propone una metodologia di lavoro concreta, che supporta le aziende nella definizione ed implementazione di un piano di miglioramento efficace;
– facilita il percorso di allineamento alla direttiva europea sulla parità e trasparenza salariale;
– migliora il posizionamento dell’azienda sulle tematiche ESG e la competitività nel mercato del lavoro.
Vista l’attrattività del sistema, il numero delle aziende che adottano la prassi UNI/PdR 125 ed ottengono la relativa certificazione è in continuo aumento. Nei primi mesi del 2025 si è registrata una crescita superiore al 100%.
La direttiva europea per la parità e trasparenza salariale
Secondo la direttiva, la discriminazione retributiva è dovuta in larga parte alla mancanza di trasparenza. Conseguentemente, vengono introdotti:
– obbligo di reporting dei divari retributivi e adozione di misure correttive, nel caso di differenze non giustificate da elementi oggettivi;
– obbligo di trasparenza retributiva fin dalla fase di selezione (indicazione della retribuzione o dell’intervallo retributivo previsto per la posizione offerta);
– diritto dei lavoratori a una informazione sui livelli retributivi chiara, completa e disaggregata per genere, entro un termine ragionevole (in ogni caso non superiore ai due mesi) dalla richiesta presentata in forma scritta;
– maggiore coinvolgimento per i rappresentanti dei lavoratori e valutazione congiunta delle retribuzioni;
– maggiore tutela del lavoratore che si ritiene leso della mancata applicazione del principio di parità retributiva (inversione dell’onere della prova e diritto al risarcimento integrale, senza previsione di massimale)
La direttiva fornisce dunque uno stimolo a rivedere fin da ora processi di selezione, politiche retributive, sistemi di valutazione e classificazione delle posizioni di pari valore e percorsi di sviluppo. Il 7 giugno 2026 sembra lontano, ma il percorso di adeguamento richiede tempo e occorre andare oltre la visione della trasparenza e parità salariale come mero adempimento di legge.
Esoneri contributivi: un incentivo per l’occupazione femminile
La misura prevede un esonero del 100% dei contributi previdenziali nel limite massimo di 650 euro mensili per ciascuna lavoratrice. Sono esclusi premi e contributi dovuti all’INAIL e resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche. L’agevolazione si applica alle assunzioni a tempo indeterminato delle seguenti categorie di donne:
– disoccupate da almeno 24 mesi;
– disoccupate da almeno 6 mesi e residenti nelle ZES del Mezzogiorno, in questo caso l’assunzione deve essere effettuata tra il 31 gennaio 2025 ed il 31 dicembre 2025;
– impiegate in settori con forte disparità di genere.
La durata dell’esonero varia: 24 mesi per le prime due categorie, 12 mesi per la terza.
Si noti che l’agevolazione non è applicabile per le trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti di lavoro a termine già in corso. Inoltre, l’esonero è subordinato alla circostanza che l’assunzione della lavoratrice determini un incremento occupazionale netto (differenza tra il numero dei lavoratori occupati rilevato in ciascun mese ed il numero di lavoratori mediamente occupato nei 12 mesi precedenti).
La legge sulla partecipazione dei lavoratori a gestione, capitale e utili delle imprese
Per quanto concerne la partecipazione alla dimensione organizzativa, le aziende possono promuovere l’istituzione di commissioni paritetiche formate da rappresentanti aziendali e dei lavoratori, con l’obiettivo di individuare proposte per piani di miglioramento organizzativo. Possono altresì prevedere – sulla base della contrattazione collettiva aziendale – l’istituzione di referenti per la formazione, i piani di welfare, le politiche retributive, la genitorialità e la conciliazione vita-lavoro, oltreché riferenti per l’inclusione delle persone con disabilità e per la qualità dei luoghi di lavoro.
Le imprese che intendono impegnarsi concretamente per la sostenibilità sociale, l’inclusione e il benessere dei propri dipendenti possono dunque trovare nuovi stimoli ed opportunità. Sarà interessante monitorare le pratiche che emergeranno nei prossimi mesi e l’evoluzione della contrattazione collettiva, che giocherà un ruolo chiave. Cogliere lo stimolo contenuto nella citata Legge e rafforzare il dialogo ed il presidio di tematiche come genitorialità e politiche retributive potrà rappresentare un passo importante per la riduzione del divario di genere.
Il bilancio di genere
Infine, merita un richiamo anche il bilancio di genere. Principalmente utilizzato in ambito pubblico, potrebbe offrire spunti di miglioramento anche in ambito privato e completare l’approccio proposto dalla prassi UNI/PdR 125.
Il bilancio di genere rappresenta uno strumento di analisi e programmazione, che promuove l’integrazione della prospettiva di genere in tutte le fasi decisionali ed attuative degli interventi pianificati, oltre che nella valutazione delle scelte e degli impegni economico finanziari delle pubbliche amministrazioni.
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