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L’accessibilità dei servizi bancari e finanziari


Il presente contributo affronta il tema dell’accessibilità, ossia il diritto per tutte le persone ad avere accesso ai servizi offerti attraverso siti web e applicazioni mobili, con particolare riguardo al caso in cui siano presati servizi bancari e finanziari.

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1. Dalla legge Stanca all’European Accessibility Act (EAA)

Garantire la massima fruibilità di servizi e prodotti a tutti, in modo da superare le barriere derivanti da difficoltà fisiche o intellettive, è diventato un obiettivo centrale del legislatore europeo e nazionale.

È il tema dell’accessibilità, ossia, a livello generale, la possibilità per le persone disabili ([1]) di avere accesso, su una base di uguaglianza con gli altri, all’ambiente fisico, ai trasporti, ai sistemi e alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nonché ad altri servizi e strutture.

Di pari passo con lo sviluppo tecnologico si è accresciuta, in particolare, l’importanza dell’accessibilità nel mondo digitale, ovvero la capacità dei sistemi informatici – inclusi i siti web e le applicazioni mobili – di erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni, anche da parte di coloro che, a causa di disabilità, necessitano di tecnologie assistive ([2]) o configurazioni particolari.

A livello interno, e ancora per pochi giorni, la norma di riferimento per l’accessibilità digitale è la l. 9 gennaio 2004, n. 4, la c.d. Legge Stanca, che si prefigge lo scopo di portare avanti una strategia dell’inclusione e di riconoscere e tutelare il diritto di ogni persona ad accedere a tutte le fonti di informazione e ai relativi servizi, ivi compresi quelli che si articolano attraverso gli strumenti informatici e telematici.

La Legge Stanca è stata profondamente innovata da:

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  1. d. lgs. 10 agosto 2018, n. 106, attuativo della Direttiva (UE) 2016/2102, relativa all’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici e avente lo scopo di dettare prescrizioni comuni in materia di accessibilità per porre fine alla frammentazione dei mercati interni tramite il ravvicinamento delle misure nazionali a livello dell’Unione, alla luce della sempre maggiore tendenza alla digitalizzazione della società;
  2. D.L. 16 luglio 2020, n. 76 recanti Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale (c.d. Decreto Semplificazioni). La norma è stata introdotta nel peculiare contesto dovuto all’emergenza pandemica, che ha rivelato quanto sia essenziale la possibilità di accedere e utilizzare i servizi digitali e ha portato ad una accelerazione della diffusione di servizi online. Le modifiche sono chiaramente dirette a consentire la più ampia inclusione delle persone con disabilità.

In particolare, il Decreto Semplificazioni ha esteso l’ambito dei soggetti coinvolti (art. 3). Come si legge nella relazione illustrativa, “Le modifiche formulate sono principalmente volte ad estendere gli obblighi di accessibilità già previsti dalla normativa vigente anche ai soggetti privati che offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili, con un determinato fatturato medio”. Dunque:

  1. fino al 2020, la Legge Stanca trovava applicazione esclusivamente con riguardo ai soggetti di diritto di pubblico (pubbliche amministrazioni; enti pubblici economici; aziende private concessionarie di servizi pubblici; aziende municipalizzate regionali; enti di assistenza e di riabilitazione pubblici; aziende di trasporto e di telecomunicazione a prevalente partecipazione di capitale pubblico; aziende appaltatrici di servizi informatici; organismi di diritto pubblico; soggetti che usufruiscono di contributi pubblici o agevolazioni per l’erogazione dei propri servizi tramite sistemi informativi o internet);
  2. con le modifiche introdotte dal Decreto Semplificazioni gli obblighi di accessibilità previsti dalla Legge Stanca trovano ora applicazione anche nei confronti di soggetti privati che offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili, con un fatturato medio, negli ultimi tre anni di attività, superiore a cinquecento milioni di euro.

Con il Decreto Semplificazioni, il Legislatore italiano ha quindi esteso gli obblighi di accessibilità ai privati partendo dall’ambito di applicazione della Direttiva (UE) 2016/2102, ovvero con riferimento a tutti i servizi “essenziali” e servizi destinati a persone con disabilità.

Tra i servizi essenziali vengono espressamente menzionati i servizi bancari (cfr. Circolare AgID n. 3 del 20 dicembre 2022).

La normativa sull’accessibilità è stata dunque estesa anche agli istituti bancari ove offrano servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili e abbiano un fatturato medio, negli ultimi tre anni di attività, superiore a cinquecento milioni di euro.

Per agevolare i destinatari degli obblighi ad applicare la normativa e per declinare nel concreto le previsioni, spesso generali, della legge Stanca, sono state diramate da parte dell’Agenzia per l’Italia Digitale (l’AgID) diversi provvedimenti, tra i quali è opportuno ricordare le linee guida sull’accessibilità degli strumenti informatici per le pubbliche amministrazioni del 23 luglio 2020, le linee guida sull’accessibilità degli strumenti informatici per i soggetti privati del 26 aprile 2022 e la circolare sull’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili dei soggetti privati del 20 dicembre 2022.

La normativa, primaria e secondaria, in materia di accessibilità dei prodotti e dei servizi richiama poi alcuni standard tecnici elaborati a livello internazionale, tra cui in particolare, le Web Content Accessibility Guidelines (WCAG), la norma tecnica armonizzata EN 301 549 e la ISO 9999.

La legge Stanca prevede una esenzione dal rispetto degli obblighi ivi previsti, che ritroveremo anche nella normativa europea di cui si dirà a breve; si tratta dei casi in cui il rispetto delle prescrizioni in materia di accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili imponga un onere sproporzionato, per tale intendendosi un onere organizzativo o finanziario eccessivo per i soggetti erogatori ovvero un onere che pregiudica la capacità degli stessi di adempiere allo scopo prefissato o di pubblicare le informazioni necessarie o pertinenti per i compiti e servizi, pur tenendo conto del probabile beneficio o pregiudizio che ne deriverebbe per i cittadini e, in particolare, per le persone con disabilità.

Non possono costituire, di per sé, un onere sproporzionato i tempi occorrenti per sviluppare i siti web ed applicazioni mobili ovvero la necessità di acquisire le informazioni occorrenti per garantire il rispetto degli obblighi previsti dalla presente legge e dalle linee guida.

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La valutazione relativa alla sussistenza delle circostanze che determinano l’onere sproporzionato deve essere effettuata sulla base delle Linee guida dell’AgID.

Salvo il caso di onere sproporzionato, i soggetti erogatori non possono stipulare, a pena di nullità, contratti per la realizzazione e la modifica di siti web e applicazioni mobili quando non è previsto che essi rispettino i requisiti di accessibilità stabiliti dalle Linee guida dell’AgID.

2. La normativa europea: l’EAA

II.1.- Linee generali

Il quadro normativo è però destinato a cambiare radicalmente, a seguito di un lungo processo di elaborazione di nuovi standard europei.

Nel 2010 la Commissione europea ha elaborato una strategia europea sulla disabilità per il successivo decennio, incentrata sull’eliminazione delle barriere, volta a migliorare la situazione sociale ed economica delle persone con disabilità, mettendole in condizione di esercitare tutti i loro diritti e di beneficiare di una piena partecipazione alla società e all’economia europea.

La strategia si fonda su provvedimenti e principi fondamentali riconosciuti a livello internazionali, quali la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nonché la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dagli Stati europei, volti a combattere la discriminazione fondata sulla disabilità e a rispettare il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità.

La Commissione ha identificato otto ambiti d’azione principali, tra i quali, appunto, l’accessibilità.

Nell’ambito di tale strategia, per garantire la piena partecipazione delle persone con disabilità nella società e per ridurre la frammentazione della legislazione che disciplina l’accesso a prodotti e servizi, dopo un lunghissimo iter legislativo, nel 2019 è stata emanata la Direttiva (UE) 2019/882, c.d. European Accessibility Act.

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La Direttiva si propone di contribuire al corretto funzionamento del mercato interno mediante il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di requisiti di accessibilità per determinati prodotti e servizi, eliminando e prevenendo gli ostacoli alla libera circolazione dei prodotti e servizi derivanti dall’eterogeneità dei requisiti di accessibilità negli Stati membri. La Direttiva prevede che non venga ostacolata la messa a disposizione sul mercato e la libera circolazione di prodotti e servizi conformi ai requisiti di accessibilità previsti dalla Direttiva.

Si intende così superare l’eterogeneità dei requisiti vigenti negli Stati membri, con auspicabili benefici in termini di rimozione di ostacoli alla libera circolazione di prodotti e servizi, partecipazione al mercato da parte di piccole e medie imprese e creazione di una società più inclusiva che faciliti la vita indipendente delle persone con disabilità (cfr. i lavori preparatori che hanno preceduto il recepimento della direttiva).

L’accessibilità dovrebbe essere conseguita mediante la soppressione e la prevenzione sistematica delle barriere, attraverso il principio della progettazione universale o della “progettazione per tutti”. Si tratta di un approccio in cui le esigenze delle persone meno fortunate vengono considerate nella fase embrionale di design di prodotti e servizi e non in un secondo momento, apportando adattamenti o progettazioni specifiche.

La “progettazione universale” non esclude ad ogni modo i dispositivi assistivi per particolari gruppi di persone con disabilità, qualora ve ne sia l’esigenza (cfr. Considerando 50).

La direttiva precisa che beneficerebbero delle misure previste anche altre persone con limitazioni funzionali, ovvero quei soggetti che presentano minorazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali connesse con l’età o prestazioni del corpo umano, permanenti o temporanee, e che, a causa delle barriere esistenti, possano portare a un accesso limitato ai prodotti e servizi disponibili. Si fa l’esempio delle persone anziane, delle donne in gravidanza e delle persone che viaggiano con bagaglio: casi in cui non si è in presenza di una vera e propria disabilità ma di una significativa difficoltà a interagire con il mondo esterno.

L’EAA conferma i principi sull’accessibilità digitale già recepiti nel nostro ordinamento (i c.d. “POUR”, perceivable-operable-understandable-robust), quali:

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  • percepibilità, nel senso che le informazioni e i componenti dell’interfaccia utente devono essere presentati in modo che tutti gli utenti li possano percepire, anche se hanno sensi limitati (ad esempio, problemi visivi o uditivi);
  • utilizzabilità, nel senso che i componenti e la navigazione dell’interfaccia utente devono essere utilizzabili da tutti, anche da chi non può utilizzare dispositivi di puntamento tradizionali o ha limitazioni motorie;
  • comprensibilità, nel senso che le informazioni e il funzionamento dell’interfaccia utente devono essere presentate in modo chiaro e semplice, in modo tale che gli utenti possano comprendere il contenuto e le funzioni offerte;
  • solidità, nel senso che i contenuti devono essere abbastanza solidi da poter essere interpretati con sicurezza da una vasta gamma di programmi utente, comprese le tecnologie assistive.

L’Italia ha proceduto al recepimento dell’EAA con il d.lgs. 27 maggio 2022, n. 82, che ricalca il contenuto della Direttiva e ne conferma l’impianto.

In data 29 aprile 2025, l’AgID ha posto in consultazione le Linee Guida sull’accessibilità dei servizi, che sostituiranno le vecchie linee guida diramate in applicazione della Legge Stanca; contengono indicazioni di carattere tecnico e specificano il contenuto delle prescrizioni generali dettate dalla Direttiva ma non risolvono, come si vedrà, molti dei dubbi sorti tra gli interpreti.

II.2.- Campo di applicazione: i prodotti

La Direttiva si applica ai prodotti e ai servizi espressamente indicati.

Iniziando dai prodotti, la Direttiva si applica a quelli seguenti immessi sul mercato dopo il 28 giugno 2025. Tra di essi, vengono espressamente inclusi i terminali self-service destinati alla fornitura dei servizi disciplinati dalla direttiva, come gli sportelli bancari automatici (sportelli ATM).

I prodotti devono essere innanzitutto progettati e prodotti in modo da ottimizzarne l’uso prevedibile da parte di persone con disabilità.

Dalla lettura della Direttiva, si ricava che la nozione che viene accolta di prodotto è quella di prodotto “fisico”, tangibile: per esempio, sono ricompresi gli hardware, ma non i software (salvo i sistemi operativi generici); i terminali ATM, ma non i prodotti bancari e finanziari. Per questi ultimi, come si vedrà, varranno casomai le regole di accessibilità in materia di prestazione dei servizi bancari e di investimento.

La Direttiva detta specifici requisiti sui criteri di progettazione dei prodotti, compresa la loro interfaccia. Con riferimento ai terminali self-service, di specifico interesse per le banche, si prescrive che essi:

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  1. offrano la tecnologia di sintesi vocale (text-to-speech);
  2. consentano l’utilizzo di cuffie auricolari personali;
  3. qualora il tempo di risposta sia limitato, allertino l’utente attraverso più di un canale sensoriale;
  4. prevedano la possibilità di prolungare il tempo assegnato;
  5. dispongano di un adeguato contrasto e di eventuali tasti e comandi riconoscibili a livello tattile;
  6. non prevedano l’attivazione di una caratteristica di accessibilità per permetterne l’accensione all’utente che ne ha bisogno;
  7. se il prodotto utilizza audio o segnali acustici, debba essere compatibile con dispositivi e tecnologie assistivi disponibili a livello dell’Unione, comprese le tecnologie uditive quali audioprotesi, telecoil, impianti cocleari e dispositivi assistivi per l’udito.

Inoltre, i prodotti devono essere accompagnati, se possibile mediante indicazione al loro interno o su di essi, da informazioni accessibili sul loro funzionamento e sulle loro caratteristiche di accessibilità.

In particolare, sarà necessario che le informazioni siano rese disponibili attraverso più di un canale sensoriale, siano presentate in modo comprensibile, in modalità percepibili e in caratteri di dimensioni e forme idonee, con requisiti ulteriori qualora le informazioni non vengano riportate sul prodotto stesso, ma rese disponibili durante l’uso del prodotto o mediante altri mezzi come un sito web.

II.3.- Campo di applicazione: i servizi

Per quanto riguarda i servizi, rientrano nell’ambito di applicazione della Direttiva anche i servizi bancari forniti ai consumatori dopo il 28 giugno 2025, per tali intendendosi:

  1. i contratti di credito al consumo ([3]) e di credito immobiliare ai consumatori ([4]);
  2. i servizi di investimento e accessori di cui ai punti 1, 2, 4 e 5 della sezione A e ai punti 1, 2, 4 e 5 della sezione B dell’allegato I della direttiva 2014/65/UE (c.d. MiFID 2), ossia i servizi di ricezione e trasmissione ordini, esecuzione ordini, gestione di portafogli, consulenza in materia di investimenti, deposito titoli, concessione di finanziamenti connessi all’acquisto di strumenti finanziari, servizio di cambio collegato alla prestazione di servizi di investimento, ricerca in materia di investimenti;
  3. i servizi di pagamento ([5]);
  4. i servizi collegati al conto di pagamento ([6]);
  5. la moneta elettronica ([7]).

I requisiti di accessibilità si applicheranno inoltre ai metodi di identificazione, alla firma elettronica e ai servizi di pagamento poiché necessari per concludere transazioni nell’ambito dei servizi bancari per consumatori.

L’attenzione dedicata al comparto bancario e finanziario si giustifica – lo si legge espressamente al Considerando 39 – con il fatto che la normativa di settore oggi in vigore (si pensi alle direttive MiFID 2, CDD, MCD) mira a proteggere e a informare i consumatori in tutta l’Unione ma non include requisiti di accessibilità. In altre parole, è dettata avendo riguardo alla parte debole del rapporto contrattuale dal punto di vista della competenza in materia bancaria e finanziaria (il consumatore), ma non dal punto di vista delle limitazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali (la persona con disabilità).

La fornitura dei servizi, al fine di ottimizzarne l’uso prevedibile da parte di persone con disabilità, deve essere realizzata:

  1. garantendo l’accessibilità dei prodotti utilizzati per la fornitura del servizio in conformità con quanto previsto dalla Direttiva. Al fine di garantire l’accessibilità dei servizi, è essenziale che anche i prodotti utilizzati per la prestazione di tali servizi con cui il consumatore interagisce rispettino i requisiti di accessibilità applicabili;
  2. fornendo informazioni in merito al funzionamento del servizio e, nel caso in cui siano utilizzati prodotti nella fornitura del servizio, al suo collegamento con tali prodotti nonché informazioni sulle loro caratteristiche di accessibilità e sull’interoperabilità con le strutture e i dispositivi assistivi:
    1. rendendo le informazioni disponibili attraverso più di un canale sensoriale (es. fornire file elettronici leggibili da un computer mediante software di lettura dello schermo, affinché i non vedenti possano utilizzare le informazioni);
    2. presentando le informazioni in modo comprensibile;
    3. presentando le informazioni agli utenti in modalità percepibili (es. mettere a disposizione sottotitoli qualora siano fornite istruzioni video);
    4. rendendo il contenuto delle informazioni disponibile in formati testuali utilizzabili per la produzione di formati assistivi alternativi fruibili in modi diversi dall’utente e attraverso più di un canale sensoriale (es. consentire a un non vedente di usare un file stampandolo in Braille);
    5. presentando caratteri di dimensioni e forme idonee, tenendo conto delle condizioni d’uso prevedibili e usando un contrasto sufficiente nonché una spaziatura regolabile tra lettere, righe e paragrafi;
    6. integrando eventuale contenuto non testuale con una presentazione alternativa di tale contenuto; e
    7. rendendo disponibili le informazioni elettroniche, necessarie per la fornitura del servizio, in modo coerente e adeguato, facendo in modo che siano percepibili, utilizzabili, comprensibili e solide;
  3. rendendo i siti web, comprese le applicazioni online e i servizi per dispositivi mobili correlati – tra cui le applicazioni mobiliaccessibili in modo coerente e adeguato, facendo in modo che siano percepibili, utilizzabili, comprensibili e solidi;
  4. se disponibili, tramite servizi di assistenza (sportelli di assistenza, centri di assistenza telefonica, assistenza tecnica, servizi di ritrasmissione e servizi di formazione) che forniscono informazioni circa l’accessibilità dei servizi e la loro compatibilità con le tecnologie assistive, in modi di comunicazione accessibili.

Con particolare riguardo ai servizi bancari, è richiesto inoltre che:

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  • vengano forniti metodi di identificazione, firme elettroniche, sicurezza e servizi di pagamento che siano percepibili, utilizzabili, comprensibili e solidi (es. rendere i dialoghi di identificazione su schermo leggibili da software di lettura dello schermo affinché possano essere usati dai non vedenti);
  • le informazioni siano comprensibili, con un grado di complessità limitato al livello B2 (intermedio avanzato) del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue del Consiglio.

II.4.- Modifica sostanziale e onere sproporzionato

I requisiti di accessibilità si applicano soltanto nella misura in cui la conformità:

  1. non richieda una modifica sostanziale di un prodotto o di un servizio tale da comportare la modifica sostanziale della sua natura stessa; e
  2. non comporti l’imposizione di un onere sproporzionato agli operatori economici interessati.

Gli operatori economici valutano se la conformità ai requisiti di accessibilità introdurrebbe una modifica fondamentale o imporrebbe un onere sproporzionato, documentano tale valutazione e conservano tutti i risultati pertinenti per un periodo di cinque anni, calcolati a decorrere, a seconda dei casi, dall’ultima messa a disposizione di un prodotto sul mercato o dall’ultima fornitura di un servizio.

Quando i prestatori di servizi invochino l’imposizione di un onere sproporzionato, rinnovano la loro valutazione sul fatto che l’onere sia o meno sproporzionato:

  1. quando il servizio offerto è modificato; o
  2. su richiesta delle autorità responsabili del controllo della conformità dei servizi; e
  3. in ogni caso, almeno ogni cinque anni.

II.5. – Applicazione e periodo transitorio

Le previsioni della Direttiva si applicheranno a decorrere dal 28 giugno 2025.

È previsto un periodo transitorio, che termina il 28 giugno 2030, durante il quale i fornitori di servizi possono continuare a prestare i loro servizi utilizzando prodotti che utilizzavano in modo legittimo prima di tale data per fornire servizi analoghi.

I terminali self-service utilizzati in modo legittimo dai fornitori di servizi per la fornitura di servizi prima del 28 giugno 2025 possano continuare a essere utilizzati per la fornitura di servizi analoghi fino alla fine della loro vita economica utile, ma per non più di venti anni dalla loro messa in funzione.

I contratti di servizi conclusi prima del 28 giugno 2025 possono essere mantenuti invariati fino alla loro scadenza, ma per non più di cinque anni da tale data.

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Al riguardo, si può quindi concludere che:

  • i contratti relativi alla prestazione di servizi ai consumatori (contratti di conto corrente, depositi, contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento, etc.) conclusi prima del 28 giugno 2025 non debbano essere oggetto di aggiornamento, fino al 28 giugno 2030. Non è al momento chiaro se l’aggiornamento consisterà in una ricontrattualizzazione o se sarà sufficiente l’invio di una comunicazione unilaterale da parte dell’intermediario;
  • i contratti conclusi dopo il 28 giugno 2025 debbano rispettare fin da subito i requisiti di accessibilità previsti dal nuovo quadro normativo. Non sembra invece sostenibile un’interpretazione per cui il concetto di nuovo contratto sia limitato ai contratti relativi a servizi non disponibili per la clientela prima della data-spartiacque: così ragionando, infatti, si arriverebbe a una sostanziale disapplicazione della normativa per la gran parte dei servizi bancari e finanziari.

3. Impatti operativi e punti aperti

A partire dal 28 giugno 2025 dunque i “servizi bancari per i consumatori” ai sensi del Decreto (ovvero i contratti di credito al consumo e di credito immobiliare ai consumatori, i servizi di investimento e accessori, i servizi di pagamento, i servizi collegati al conto di pagamento, la moneta elettronica) dovranno essere conformi ai requisiti di accessibilità previsti dalla normativa e dovranno garantire:

  • accessibilità dei prodotti utilizzati per la loro fornitura;
  • informazioni sul funzionamento del servizio stesso, sulle relative caratteristiche di accessibilità e sull’interoperabilità con le strutture e i dispositivi assistivi;
  • siti web (comprese le applicazioni online e i servizi per dispositivi mobili correlati, tra cui le applicazioni mobili) accessibili;
  • servizi di assistenza (sportelli di assistenza, centri di assistenza telefonica, assistenza tecnica, servizi di ritrasmissione e servizi di formazione) che forniscono informazioni circa l’accessibilità dei servizi e la loro compatibilità con le tecnologie assistive, in modi di comunicazione accessibili.

Si tratta di regole di indirizzo che lasciano spazio a notevoli dubbi interpretativi, con riflessi non indifferenti sulle scelte operative che banche e intermediari devono assumere per adeguarsi al nuovo quadro normativo.

Purtroppo, le Linee Guida poste in consultazione dall’AgID non affrontano alcuno dei problemi relativi all’applicazione della nuova normativa al comparto bancario e finanziario e presentano un taglio meramente tecnico; sarebbe stato opportuno un coordinamento con le Autorità di vigilanza di settore (Banca d’Italia e Consob), per offrire agli intermediari il tempo necessario per l’adeguamento tempestivo al nuovo scenario.

Un punto aperto rilevante, non toccato dalle Linee Guida, è relativo alle informazioni oggetto della Direttiva.

Occorre a tal proposito distinguere le informazioni sull’accessibilità e le informazioni accessibili.

Le prime devono essere fornite dai prestatori dei servizi, ivi compresi i servizi bancari ai consumatori, nelle condizioni generali (quindi, nel corpo del contratto) o in un documento equivalente, ossia un documento avente la stessa forza legale di un contratto: si può pensare a un addendum o un allegato, che rispetti i requisiti formali del contratto a cui accede.

Le informazioni sull’accessibilità dovrebbero spiegare al cliente come il servizio soddisfi i requisiti di accessibilità e dovrebbero includere, quantomeno, una descrizione generale del servizio, descrizioni e spiegazioni necessarie alla comprensione del funzionamento del servizio e, ovviamente, una descrizione di come il servizio soddisfi i requisiti di accessibilità.

Si può immaginare quindi un documento dal contenuto standardizzato, che faccia parte del set contrattuale sottoposto al cliente nella fase antecedente la formalizzazione del rapporto e che vada, di fatto, anche a sostituire la dichiarazione di accessibilità prescritta dalla Legge Stanca.

La Direttiva, tuttavia, prescrive non solo di spiegare come vengano rispettati i requisiti di accessibilità, ma anche che le informazioni relative al servizio siano accessibili ai relativi fruitori; il che fa sorgere il problema della corretta individuazione del perimetro delle informazioni oggetto di tale previsione.

Sul mercato si sono affermate tre diverse interpretazioni, tutte astrattamente compatibili con il dettato normativo.

Innanzitutto, è stato sostenuto che le uniche informazioni toccate dalla Direttiva siano (solo) quelle sull’accessibilità di cui si è appena discusso e che non vi siano, dunque, modifiche da apportare o interventi da porre in essere con riguardo alle informazioni precontrattuali e ai contratti.

Mancano in effetti riferimenti espliciti alle specifiche informazioni cui la Direttiva intende fare riferimento: difettano, al momento, chiare indicazioni da parte del legislatore europeo e nazionale e nelle linee guida poste in consultazione l’AgID non ha mostrato sensibilità sul tema. Una simile interpretazione, se accolta, rischia tuttavia di indebolire gli obiettivi del provvedimento, che, non dimentichiamolo, è di rendere fruibili a tutti, compresi disabili e persone con limitazioni funzionali, i servizi (tra cui quelli bancari).

Secondo un’altra corrente di pensiero, dovrebbero essere rese in formato accessibile le informazioni precontrattuali, ossia quelle indicazioni sul servizio che sono predisposte proprio al fine di rendere edotto il consumatore circa diritti e obblighi delle parti, caratteristiche essenziali del servizio, costi e rischi.

Questa soluzione valorizza alcuni passaggi della Direttiva e del decreto di recepimento. L’Allegato 1, Sezione III del decreto, nel declinare i requisiti generali di accessibilità in relazione ai servizi, infatti, parla di “informazioni in merito al funzionamento del servizio” e sembra distinguerle dalle “informazioni sulle loro caratteristiche di accessibilità” (quelle, per intenderci, da fornire nel corpo del contratto o in un allegato).

Seguendo questa interpretazione, più aderente alla ratio della normativa, dovrebbero rispettare i requisiti di accessibilità i documenti precontrattuali in materia bancaria (si pensi al SECCI in materia di credito ai consumatori, al PIES del credito immobiliare ai consumatori, al documento di sintesi, al foglio informativo, etc.) e in materia finanziaria (l’informativa sui servizi di investimento prescritta dalla normativa MiFID 2 o relativa a prodotti collocati, come i KID dei prodotti di investimento preassemblati di cui al Regolamento UE 1286/2014).

L’impatto per i destinatari e i costi di implementazione sarebbero significativi: i documenti attualmente utilizzati dovrebbero essere rivisti per rispettare, in particolare, il requisito della redazione in modo da essere comprensibili per un utente classificabile come B2 nel QCER. Per intenderci, si tratta di un soggetto in possesso di capacità di comprensione e utilizzo della lingua italiana di grado intermedio-avanzato, acquisita in genere da un adolescente madrelingua.

Se alcuni documenti esistenti si avvicinano a questo standard (si pensi ai KID, ai SECCI e ai PIES), per altri documenti il lavoro da effettuare si rivelerebbe molto complesso.

L’informativa da fornire prima della prestazione dei servizi di investimento, per esempio, comprende spiegazioni sulle autorizzazioni dell’intermediario, sulle caratteristiche e sui rischi delle categorie di strumenti finanziari, sulla politica di gestione dei conflitti di interesse, che non sono facilmente traducibili in un linguaggio basilare senza un ragionato lavoro di adattamento che assicuri il trasferimento alla clientela, senza banalizzazioni, dei concetti fondamentali.

Ma anche il foglio informativo contiene riferimenti a clausole contrattuali che certamente non sono scritte avendo in mente un lettore con competenze linguistiche B2. Si pensi alle clausole sul recesso e sulla risoluzione del contratto.

Inoltre, i destinatari non hanno la possibilità di semplificare molti dei documenti precontrattuali, il cui formato e contenuto è spesso stabilito dal legislatore europeo (il KID, il SECCI e il PIES) o nazionale (il documento di sintesi e il foglio informativo, per i quali sono dettate da Banca d’Italia indicazioni redazionali ben precise nelle Disposizioni di trasparenza del 29 luglio 2009).

Se, quindi, si imponesse l’interpretazione in commento, sarebbe necessario un intervento di coordinamento con la normativa europea e nazionale per consentire a banche e intermediari di adeguarsi agli obblighi discendenti dalla Direttiva senza violare preesistenti disposizioni vincolanti.

Infine, è possibile che i documenti precontrattuali non siano redatti dal fornitore del servizio, ma da un soggetto terzo che non è tenuto a rispettare le previsioni della Direttiva.

Si pensi ai prospetti informativi e, soprattutto, ai KID relativi a fondi comuni di investimento: i gestori collettivi non sono destinatari della normativa sull’accessibilità, per cui il distributore potrebbe trovarsi nella situazione di dover fornire informazioni conformi alla Direttiva ma su cui non può intervenire.

È una situazione, per certi versi, già vissuta con l’entrata in vigore della direttiva MiFID 2, che aveva imposto gli obblighi di product governance ai distributori di strumenti finanziari (tra i quali l’obbligo di indicare il target market del prodotto) senza però vincolare numerosi produttori, come i gestori di fondi comuni di investimento. Sul mercato si è quindi arrivati a una soluzione concordata, ed è auspicabile che lo stesso avvenga anche per il tema oggi in discussione.

L’ultima interpretazione proposta è che il perimetro delle informazioni accessibili sia talmente ampio da includere anche i contratti conclusi tra gli intermediari e i clienti, tra cui quelli di conto corrente, di prestazione di servizi di investimento, di credito al consumo, etc.

Per quanto una simile opzione ermeneutica sia quella più rispettosa degli obiettivi della Direttiva, perché ovviamente il massimo dell’accessibilità per tutti i potenziali fruitori si avrebbe appunto con l’applicazione delle nuove regole a ogni possibile documento collegato alla prestazione di un servizio, non pare che il testo del provvedimento europeo e del decreto di recepimento autorizzi una lettura così estensiva.

La Direttiva, infatti, si occupa pur sempre di informazioni fornite ai consumatori “sul funzionamento del servizio”, quali sono quelle trasmesse nella fase precontrattuale con i documenti più volte citati. Proprio per informare i clienti sul contenuto del servizio che si intende prestare in loro favore la normativa di riferimento prescrive agli intermediari, a seconda dei casi, di mettere a disposizione della clientela il foglio informativo, di consegnare il documento di sintesi, il SECCI e il PIES, di consegnare la corposa informativa sui servizi di investimento, e così via. Sono questi documenti, in definitiva, ad avere un contenuto e una funzione informativa.

I contratti rispondono a un’altra finalità, che è quella di disciplinare le regole tra le parti e hanno quindi una funzione, quantomeno preponderante, prescrittiva.

Del resto, in nessun passaggio della Direttiva viene citato l’obbligo di osservare le regole sull’accessibilità dei servizi anche nella redazione dei contratti; un obbligo, che certamente può essere assunto dagli intermediari in via volontaria, che sarebbe davvero gravoso.

Infatti, rendere tecnicamente accessibili i contratti significherebbe, inter alia, doverli riscrivere in un linguaggio B2: un’operazione non facilissima, se si considera che molte condizioni contrattuali discendono da disposizioni normative (il rispetto della normativa sull’usura e sull’anatocismo, per fare esempi scontati) complesse e difficili da rendere in un lessico fruibile senza sforzo per un soggetto che parla italiano da pochi anni.

Insomma, permangono, a pochi giorni dalla data di applicazione dei nuovi obblighi, notevoli incertezze sul perimetro oggettivo della nuova disciplina; una situazione che genera preoccupazione nel settore, considerato che il quadro sanzionatorio non è dei più dolci.

Infatti, il d.lgs. n. 82/2022 prevede sanzioni amministrative pecuniarie piuttosto afflittive:

  • da 000 a 40.000 euro, in caso di violazione degli obblighi previsti dalla normativa a carico dei destinatari, ferma restando la sanzione pari al 5% del fatturato in capo ai soggetti di cui all’art. 3, comma 1 bis, della Legge Stanca (ossia i privati che offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili, con un fatturato medio, negli ultimi tre anni di attività, superiore a cinquecento milioni di euro);
  • da 500 a 30.000 euro, in caso di mancata adozione delle misure richieste dalle Autorità di vigilanza o di mancata o insufficiente collaborazione nelle svolgimento delle attività delle autorità di vigilanza.

 

[1] Le persone con disabilità vengono definite dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006 come “quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri”.

[2] Le tecnologie assistive sono rappresentate da strumenti e soluzioni tecniche, hardware e software che permettono alla persona disabile, superando o riducendo le condizioni di svantaggio, di accedere alle informazioni e ai servizi erogati dai sistemi informatici (quali ad esempio filtri per la luce, aiuto di ascolto tattile, amplificatori per la voce, software di elaborazione parole).

[3] Di cui alla Direttiva 2008/48/CE, c.d. CCD.

[4] Di cui alla Direttiva 2014/17/UE, c.d. MCD.

[5] Di cui alla direttiva 2015/2366/UE, c.d. PSD 2.

[6] Di cui alla direttiva 2014/92/UE, c.d. PAD.

[7] Di cui alla direttiva 2009/110/CE, c.d. EMD.



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