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Menarini, il rilancio dell’unico produttore italiano di autobus non parte: «Produzione ferma, licenziamenti improvvisi e manager dimissionari»


di
Alessandra Testa

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L’allarme dei sindacati per gli stabilimenti a Bologna e Flumeri. Le sigle accusano: silenzio dal Mimit ed è sparito anche l’industriale cinese che doveva entrare come partner. La Regione convoca le parti per il 23 aprile

Produzione ferma, licenziamenti improvvisi e manager che abbandonano la nave. Succede in Menarini, che pur essendo l’unico produttore di autobus sul suolo nazionale non rientra evidentemente fra le priorità del Paese. 

Un Paese che, a dispetto della transizione ecologica in atto, preferisce acquistare dall’estero i mezzi green per il trasporto pubblico locale. Sarà anche per questo che, a dieci mesi dal cambio di proprietà (la Seri Industrial «fortemente voluta dal ministero delle Imprese e del made in Italy»), due manager si sono dimessi.




















































Licenziamenti e dimissioni

«Negli ultimi giorni— denunciano Mario Garagnani (Fiom), EmilioVincenzi (Fim) e Roberto Ferrari (Uilm) — si sono verificati alcuni eventi inquietanti: due figure centrali nel progetto di rilancio, il direttore industriale e il responsabile della produzione, sono “scappati a gambe levate”, mentre l’azienda ha pensato bene di procedere con cinque licenziamenti unilaterali, tre a Bologna e due a Flumeri, al di fuori della procedura concordata in Regione lo scorso 20 dicembre». 

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Licenziamenti contro i quali i dipendenti hanno immediatamente incrociato le braccia. «La produzione nello stabilimento in provincia di Avellino, dove si è scelto di concentrarla — proseguono —, stenta a ripartire e non c’è traccia del rilancio del sito di Bologna, dove dovevano essere sviluppate ricerca e sviluppo, prototipazione, area commerciale, ricambi e assistenza post vendita». 

Paradossalmente, mentre il titolo Seri Industrial vola in Borsa dopo aver ottenuto con la garanzia del gruppo Sace controllato dal Mef un finanziamento di 150 milioni per realizzare una gigafactory delle batterie al litio nel casertano, «l’unica cosa che procede ordinatamente è il piano di ricollocamento fuori dall’azienda sottoscritto dai sindacati e votato dai lavoratori». E che, per ora, si è materializzato con dodici addetti che hanno intrapreso un percorso di ricollocamento incentivato e con trenta che saranno presto accompagnati verso la pensione.

Incontro e sciopero 

Nel frattempo, è calato il silenzio sul partner cinese che avrebbe dovuto entrare come partner, e dal Mimit, che continua a indicare «la soluzione della vertenza come esempio di buon governo», non arrivano né comunicazioni né convocazioni o risposte alle sollecitazioni delle sigle sindacali. A cercare di far chiarezza nel caos sarà allora Giovanni Paglia, l’assessore regionale al Lavoro che ha già convocato le parti per il 23 aprile in viale Aldo Moro.

Come oggetto del confronto ci sarà l’andamento dell’accordo, che prevedeva non solo il percorso di tutela per i lavoratori in esubero — fanno notare i sindacalisti —, ma anche un vero piano industriale e un percorso di assunzioni, anch’essi caduti nel dimenticatoio. In quella data ci sarà una nuova giornata di sciopero con presidio degli operai sotto le finestre della Regione. Al tavolo sarà presente anche Stefano Mazzetti, delegato al Lavoro di Comune e Città metropolitana: «Siamo al fianco dei lavoratori. Gli enti locali continueranno a impegnarsi per salvaguardare l’occupazione e la permanenza sul territorio di questa azienda storica».

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